.: Il Meridiano on line :. | il quotidiano online

LUSTRI Cultura in dies / eventi culturali a Solofra: Gli ascolti emotivi di René Aubry e del duo Torgue et Houppin

Organizzazione Comune e Accademia Teatro Città di Solofra con Hypokritès Teatro Studio. Solofra, Complesso Monumentale di Santa Chiara, domenica 26 febbraio ore 17.30

LustriCulturaPiera Carlomagno – 28.02.2017 - Sono stati René Aubry e il duo Tourgue et Houppin i protagonisti del quarto appuntamento con “Ascolti emotivi”, nell’ambito dell’edizione 2016-2017 di 10167 731x0 w 10226a49415a2d6f7f139ebfb063d044Lustri Cultura in Dies, rassegna di Teatro, Musica, Letteratura, Epica Scienze e Filosofia, organizzata dal Comune e dall’Accademia Teatro Città di Solofra con Hypokritès Teatro Studio e la direzione artistica di Enzo Marangelo. L’ascolto dei brani di maggior successo dei tre artisti, scelti con cura da Alfredo Micoloni, responsabile della sezione, è stato in programma  domenica 26 febbraio, alle 17.30, nella Sala Archi del Complesso Monumentale di Santa Chiara, nel cuore del centro storico di Solofra.

René Aubry è nato a Epinal. Autodidatta, incomincia a suonare la chitarra molto presto. Nel 1978 l'incontro decisivo della sua carriera con la coreografa Carolyn Carlson. Si innamora perdutamente della danza e diventa compositore ufficiale della Carlson e sotto la sua ispirazione, compone la sua prima musica di balletti. Un sodalizio che durerà Renèmolti anni dando vita a molti spettacoli tra cui "Blue Lady" (1983), "Steppe" (1990) e "Signs" (1997), coronata con una ‘victorie' nella cerimonia della Victoire de la musique nel 1998. Trascorre un breve periodo a Venezia tra il 1981 e il 1984 dove registra il suo primo album omonimo “Rene Aubry”. Seguiranno altri 17 album tra il 1987 e il 2013 sempre caratterizzati da un peculiare suono delicato, minimalista e coinvolgente. Negli anni continua a comporre musica per coreografi, compagnie di teatro e spettacolo come Philippe Genty e l'immensa Pina Bausch per la quale scrive e accompagna tre dei suoi spettacoli: "Ten Chi (2004)", "Vollmond (2006)" e "Sweet Mambo" (2008). Collaborazioni che si estendono anche nel campo cinematografico: tra il 2009 e il 2012 compone le musiche per tre film animati per la BBC prodotte da Magia Pictures: "The Gruffalo", "figlio del Gruffalo" e "Room on the Broom". Lavora anche per Wim Wenders per il suo film "Pina". Nel 2013, ha pubblicato l'album "Forget Me Not", colonna sonora del nuovo spettacolo di Philippe Genty. E’ del 2015, il nuovo lavoro "Days", Lustri Teatro Artedanza 620x330che è un mini CD contenente 7 brani composti ed eseguiti con la Guitalélé, una piccola chitarra con corde di nylon prodotta dalla Yamaha. Ogni brano rimanda ad un giorno della settimana.

Henry Torgue e Serge Hoppin sono due compositori francesi, pianista e chitarrista, attivi, come duo, dal 1979. Hanno composto musica per moltissimi spettacoli danza spaziando tra i vari generi: dal classico al rock, al melodico.

LA COMPAGNIA STABILE NOLANA PIPARIELLO HA PORTATO IN SCENA L’ULTIMA OPERA DI SALVATORE ESPOSITO PIPARIELLO

Dal Marchese”, commedia in due atti, ultima scoperta degli inediti postumi di Salvatore Pipariello.

Pippariello 1Mauro Romano - 14.01.2017 - Vi sono libri che aprono le proprie pagine al soffio di problematiche esistenziali che il ciclo vitale aggroviglia intorno a passioni e impulsi emotivi ben contenuti in scrosci di quotidianità. Un barcamenarsi di situazioni paradossali che sviluppano il proprio iter nel mentre che la terra, spesso incurante delle disarmoniche sinfonie strimpellate dalle pedine che vi dimorano,  pur ruotando maliziosamente intorno al sole, a sera s’accende di stelle ogni qualvolta briciole di sentimenti dagli spigoli aguzzi s’inaspriscono nei contenuti, sbriciolando i sassi nel cammino dei mai casuali personaggi, fingendo che tutto sia normale, che tutto fili liscio, che l’abbruttimento di anime troppo balzanti o in pena, confluiscano in pessimi atteggiamenti: nel pianto e nel riso, nella gioia e nel dolore, nell’ingiustizia e nella rettitudine, nel nuotare affannosamente in un mare di guai oppure nell’approdare sulle spiagge di un’oasi incontaminata, a compimento di piccoli traguardi, sale della vita.

Anche i fogli scritti a mano di Salvatore Esposito Pipariello, nell’abbandonare il proverbiale cassetto dove si è soliti custodire il refrain dei sogni più cari e segreti, svolazzano impetuosamente, una volta portati alla luce del sole dal figlio Antonio. S’incarnano in un volo di rondini primaverili che tornano al nido di consuetudini che il genere umano inscena in un susseguirsi di circostanze dai contorni tragicomici, nel mentre che l’immaginario collettivo ne adotta particelle rotanti, fidando sul libero arbitrio, prezioso quanto imperfetto! Pagine d’arte, letteratura, poesia, vita vissuta … di teatro! E prima ancora che si alzi il sipario, in matasse da sbrigliare, belve da ammaestrare, sortilegi da esorcizzare, uomini e donne di ogni età da erudire su etiche e morali contrastanti, nello spazio e nel tempo di situazioni grottesche imbevute di cruda realtà  spesso compito improbo per l’impervia dei terreni, ardua da collocare. Ma il Pipa senior spinge i tasti giusti fotografando dettagli esistenziali inaspriti dal troppo affannarsi a confezionare il proprio utile, a scapito di chi ci ruota intorno, magari con gli stessi obiettivi, fregandosene di chi la vita la affronta con dignità e con sacrifici, aspettandosi pochi regali dal cielo, men che mai miracoli!

pippariello 2“Dal Marchese”, commedia in due atti, ultima scoperta degli inediti postumi di Salvatore Pipariello, andata in scena al debutto ufficiale in data 16 e 17 dicembre 2016, racchiude le tematiche di tutti i giorni che capacità narrative, acquisite in decenni d’esperienza nel campo dello spettacolo, dell’arte, della musica, in nome di quella Nolanità” mai celata, bensì impregnata nella sua massima espressione, ovvero confluendo nella millenaria tradizione dei Gigli, oggi patrimonio immateriale UNESCO, rendono comprensibili nella loro complessità. E ce né di gente che accorre con fiduciosa curiosità, alla stregua di quando si toglie il panno da un’opera d’arte, inaugurandola per valutarne contenuti, messaggi, etica, riflessioni e chi più ne ha più ne metta!

Testimonianza ineccepibile il teatro pieno in ogni ordine di posto: sempre l’Umberto di Nola a tenere a battesimo tutte le opere del Pipa, sempre tra i propri concittadini che, come Marianna,  mai hanno perduto il proverbiale filo, mostrando gradimento e  gratitudine, competenza e passione, voglia di confrontarsi o di “criticare, casomai ve ne fosse bisogno. A togliere le nubi dagli spicchi solari di una narrazione pressoché ineccepibile, di certosina meticolosità, quelle standing ovation che fanno gocciolare i cuori e gli occhi,  nel semprevivo ricordo e nella convinzione di quello che poteva essere e non è stato. Un’incompiuta che, comunque, continua a stillare sorgenti d’acqua pura da una cascata di talento che mai ha sconfinato nella banalità, neanche quando le forze venivano a mancare, neanche quando il crudele destino appariva già scritto. In un crescendo tipico d’artista maturo, sicuro di se, razionale ma dalla fantasia sempre pregna di significative invenzioni sceniche, culminano le impareggiabili prerogative dell’ultima opera messa in scena dalla Compagnia Stabile Nolana Pipariello,

Dal Marchese, appunto, che stentiamo a considerare ultima! Un messaggio inequivocabile tendente a ostentare il trionfo del bene sul male, in una sequenza di situazioni esilaranti ma che inducono alla riflessione, dove viene configurata la fragilità dell’indole umana disposta ad accettare ogni compromesso per il proprio utile, appannando gli occhi anche dinanzi a contesti paradossali che una mente sana, un cuore semplice, un assennato porsi verso il prossimo  non sono propensi a sposare. Personaggi che si azzuffano per sbrigliare un rebus improponibile in nome del Dio Danaro, disfano la valigia della propria dignità e moralità, per rincorrere Ideali di un facile arricchimento, barando, mentendo, dissimulando la realtà nel tentativo di raggiungere i propri ignobili scopi. Solo una coppia di giovani, già soddisfatta del proprio Amore  e appagati da quel poco che offre la vita, alla fine verrà ricompensata, poiché dimostra al fantasioso marchese e mascherata consorte , che per loro la felicità, lorgoglio, la moralità, non hanno prezzo.

Il competente adattamento scenico del fido, fraterno Peppe Ciringiò, che ne ha curato anche la regia, ha confezionato l’abito appropriato ad attori ed attrici, facendo si che i fedelissimi della compagnia:  Luigi Pedone, Antonio Pipariello, Cristina Simonetti, Maura Tronci, Giovanni Onorato, Peppe Ciringiò e Bina Casoria, potessero esprimersi al meglio delle loro indubbie qualità. Dall’affiatamento del gruppo storico ne hanno giovato anche i nuovi innesti Luigi Fedele, Antonietta Infante, Marica Manna, Enrico Napolitano, Gianluca Sirignano, destinati, questi ultimi, ad ampi margini di miglioramento, man mano che si perpetueranno le repliche, anche al di fuori dai confini regionali, così come è avvenuto per la precedente “Fatemi Capire”, messa in scena su numerosi palcoscenici di mezza Italia, riscuotendo consensi unanimi, premi e riconoscimenti tangibili, sia per la validità dell’opera in se, che per la bravura degli interpreti che dell’etichetta Amatoriale, dimostrano di avere ben poco, facendo l’occhiolino a famigerati protagonisti del teatro professionistico.

Il messaggio di Salvatore Pipariello, quindi, giunge forte è chiaro come un avviso ai naviganti che si intestardiscono a solcare i mari tempestosi della vita. Chi si offre al pallottoliere dei giorni a venire, con buone probabilità verrà tristemente relegato ai margini di una società consumistica che offre innumerevoli possibilità a chi si rimbocca le maniche, ma che sa mostrare il proprio volto spietato e feroce a chi intende affidarsi a discutibili espedienti o funambolici giochi di prestigio per raggiungere i propri egoistici obiettivi, non sempre in maniera lecita. Goffi corteggiamenti d’imbarazzante nonchalance, aspirazioni a matrimoni di convenienza o per acquisire un titolo nobiliare, spesso riescono pure a concretizzarsi, ma al prezzo di ipocrite convivenze, falsità nell’interagire tra le mura domestiche, doppiezze e falsi sorrisi nei comportamenti di ogni giorno, sempre a rischio di tradimenti fisici. E solo quelli!

Si, perché chi ha scelto la strada della menzogna, il tradimento morale l’ha compiuto già. Ad ogni passaggio di pensiero, nell’anima, in qualsiasi gesto quotidiano. A chi invece fa tesoro del frutto del suo lavoro, del suo vivere semplice nell’anelare un’esistenza disegnata nelle “Alte Sfere” dignitosa e coerente  va il plauso del nostro amato ed apprezzato autore, figlio di Nola, ma gemello d’universalità artistiche non comuni, confluenti in magie letterarie, teatrali, musicali e così via. Un plauso che riecheggia al di la del sipario del cielo, in un angolo dell’empireo dove convergono corone d’alloro e giullari di ogni epoca e specie. Quelli a cui la gente comune, quella a cui il Pipa senior dava il tu in un angolo di piazza Duomo, in un campo di calcio, nelle strade bucate da fossi  o nei gesti spensierati di chi siede al bar per gustare un semplice caffè, rimane appassionata, intristendosi però, ai titoli di coda di una favola che ha riavvolto il nastro troppo in fretta. E vi pare poco?!?

CRONACHE CULTURALI DA ANGRI: 3 CONFERENZE DEDICATE ALLA DONNA NEL MONDO ROMANO

Per la presentazione dell’agenda 2017, curata dalla casa editrice Gaia, interventi di Antonio De Simone, Rosaria Ciardiello e di Umberto Pappalardo

omnia diarium 500Lu.pi. 03.02.2017 - Nell’ambito delle iniziative, tenutesi alla fine del mese di gennaio di quest’anno, presso il Salone degli Affreschi del Castello Doria ad Angri, per la presentazione dell’agenda 2017, ‘’Diarium’’, curata dalla casa editrice Gaia, si sono svolte tre conferenze dedicate alla donna nel mondo romano.

Le tre serate hanno visto gli interventi di Antonio De Simone, Umberto Pappalardo e di Rosaria Ciardiello.
antonio de simone
Il prof. Antonio De Simone ha relazionato sulle ‘’Nereidi di Somma Vesuviana’’, presenti nell’imponente  edificio romano di età imperiale, noto anche come “Villa di Augusto” o "villa dionisiaca", che continua a stupire studiosi ed appassionati di archeologia.

pappalardo 500Il secondo e terzo intervento ha visto prima il prof. Umberto Pappalardo, poi la prof.ssa Rosaria Ciardiello, entrambi archeologi del Suor Orsola Benincasa di Napoli, raccontare, rispettivamente, il quotidiano ciardiello2 500femminile pompeiano e le donne imprenditrici nella Pompei antica prima dell'eruzione del 79 d.C.

Il prof. Pappalardo, infatti, ha relazionato su “La donna a Pompei. Il quotidiano femminile pompeiano”, mentre la Ciardiello ha parlato de “Le donne imprenditrici Eumachia e Giulia Felice”.

 

A Lustri Cultura in Dies il volume di Piero Cipriano “La società dei devianti”

Mercoledì 15 febbraio, Sala Archi Complesso di Santa Chiara a Solofra.  Stanchezza esistenziale e le tante facce del disagio psichico nella società delle etichette.

CiprianoPiera Carlomagno - 20.02.2017 - Tornano i libri, con un volume impegnativo che parla di depressione e devianza sociale, a Lustri Cultura in Dies, eventi culturali a Solofra, organizzati dal Comune e dall’Accademia Teatro Città di Solofra con Hypokritès Teatro Studio, con la direzione artistica di Enzo Marangelo. Mercoledì 15 febbraio alle 20.00, nella Sala Archi del Complesso monumentale di Santa Chiara a Solofra, Renato Siniscalchi, responsabile della sezione Letteratura della rassegna, ha presentato “La società dei devianti”, di Piero Cipriano, edizioni Elèuthera.

copertina La società dei deviantiA partire dalla sua frequentazione quotidiana con la sofferenza psichica, Cipriano si misura con quella stanchezza esistenziale, sbrigativamente definita depressione, che la nostra società antropofaga prima alimenta e poi cerca di etichettare con quel furore diagnostico e categoriale che le è proprio. A ogni deviante la sua etichetta, medica o psichiatrica, ma anche sociologica o giudiziaria, che così diventa una sorta di tatuaggio identitario, un destino imposto da cui tutto il resto deriva: gli obblighi, i percorsi, le scuole, le cure, i farmaci, le prigioni, ciò che ognuno potrà o non potrà fare (ed essere) nella sua vita. "Ho vissutoscrive l’autoremetà del mio tempo nei luoghi dove si deposita la follia più indesiderata e tutta la possibile devianza dalla norma. E ho visto, da questo luogo privilegiato, in che modo gli uomini si trasformano, siano essi i curanti o i devianti."

cipriano la fabbrica della cura mentaleLa società dei devianti” è il terzo volume della cosiddetta “trilogia della riluttanza”: con gli altri due, “La fabbrica della cura mentale” e “Il manicomio chimico”, Cipriano ha riportato in auge, con un approccio nuovo e originale, il dibattito pubblico sul disagio psichico e le sue implicazioni sociali, culturali, antropologiche.

il manicomio chimico di Piero CiprianoPiero Cipriano è un medico psichiatra psicoterapeuta, di formazione cognitivista ed etnopsichiatrica. Ha lavorato in vari Dipartimenti di Salute Mentale d'Italia, dal Friuli alla Campania, da qualche anno lavora in un SPDC di Roma. “I suoi racconti ripropongono il genere della testimonianza civile da parte dei medici di frontiera: un corpo a corpo con la follia restituito con la forza della denuncia e l'affilatezza delle immagini. È raro sentire un medico che si esprima con questa furente schiettezza sull'establishment psichiatrico e sui luoghi del disagio psichico”, ha scritto di lui Simonetta Fiori su Repubblica.

LA DISUMANITA’ DI AUSCHWITZ E GLI ORRORI DI GUERRA, IL TRENO DELLA VITA

Un racconto di Romeo Lieto per non dimenticare

SFSM Interno staz.Napolicoll.Bevere 1Corri Mimì, corri, il padre incitava il figlio di sei anni, a correre per non perdere la corsa del primo treno per Napoli, dove in giornata avrebbero fatto visita ad un parente e proseguire per Roma, con altro treno delle ferrovie dello Stato.

Inizio maggio del 1944, mancano pochi minuti alle cinque del mattino, padre e figlio con la valigia di cartone, legata con solido spago, portata in spalla dal padre, corrono verso la stazione della Circumvesuviana. Sul primo treno i soliti viaggiatori, operai, qualche impiegato che deve spostarsi su altro mezzo per l’ufficio, dei commercianti e dei piccoli negozianti che vanno in città per approvvigionarsi di merce. Si arriva a Napoli quando la città inizia a svegliarsi con i primi frastuoni, con lo stridio delle serrande ed il cigolare dei vecchi portoni.

Per Cassino la linea è interrotta, è possibile raggiungere Roma solo sulla linea di Formia. Si parte di sera e si arriva a Roma il giorno seguente, sono in attesa i compagni di giochi di Mimì, Mario, Miriam e Samuel ed insieme raggiungono la casa del Diplomatico militare, custodita dal padre di Mimì.

Mimì, con i suoi tre amici, giocano avanti alla casa colonica, dove vivono anche una vecchia cuoca e la nipote Gina, già governante del figlio del Diplomatico, poliglotta, e parla inglese, tedesco e russo, sempre impegnata per commissioni per Roma ed a volte portava i ragazzi, al Giardino zoologico, a Villa Borghese, al Vaticano ed altri posti.

 2Un giorno, mentre il gruppo usciva dal colonnato di San Pietro, Gina viene avvicinata da un uomo su una moto sidecar, seguì un breve colloquio e si avvertì, nella donna, un certo nervosismo. Dopo poco arrivò una macchina e tutti vi salirono. La macchina correva tanto che nelle curve i ragazzi venivano sballottati a destra ed a sinistra, ridevano e non immaginavano il motivo di tanta fretta. Raggiunta la Villa fecero scendere solo Mimì, mentre Mario, Miriam e Samuel, rimasero in macchina e proseguirono il viaggio verso la casa di Mario. I tre in macchina ridevano e salutarono Mimì con le mani aperte e le labbra poggiate al vetro della vettura. Da quel giorno i ragazzi non vennero più a giocare con Mimì e Gina, mancava da casa da giorni. Una mattina, Mimì attraversò l’orto e raggiunse la recinzione che divideva le proprietà. Attraverso la rete chiamò ad alta voce Mario, ma nessuna risposta vi fu dalla casa e non solo, le imposte erano chiuse, non vi era più il cane che abbaiava ed i cigni erano scomparsi dalla vasca, la villa appariva abbandonata. Mimì malinconico tornò a casa e si rivolse alla vecchia cuoca che alla domanda borbottò: Non sono fatti tuoi.

Dopo due settimane Gina rientrò e comunicò che aveva lasciato le famiglie sul confine con l’Austria, per varcare il confine di Stato e raggiungere la loro casa in Polonia. Nelle estati successive del 1945, 46 e 47, Mimì era sempre tornato a Roma ma non aveva più ritrovato Mario, Miriam e Samuel, dei quali conservata l’immagine dei tre appiccicati al vetro della macchina.

LA RICERCA INUTILE

LA DEPORTAZIONE PIU’ CHE PROBABILE

LA RAPPRESAGLIA NAZISTA DOPO L’ATTENTATO DI VIA RASELLA

giornata memoria cop 1Nel settembre del 1947 per problemi legali con i partigiani locali, che occuparono la proprietà del Diplomatico, assumendo, che erano beni profitti di guerra e quindi requisibili. Il padre di Mimì’ rientra in paese. Negli anni sessanta, Mimì torna a Roma alla ricerca dei suoi amici. Sul posto, non esiste più la grande villa con il giardino, la villa della famiglia di Mario, la casa dei fratelli Miriam e Samuele. Solo a lato di un viale Mimì scorge isolato, porzione di vecchio muro alla cui sommità, una linea orizzontale scura indicava il livello dell’acqua, era porzione del muro della concimaia. Prima di morire, il padre di Mimì faceva sempre il nome di Mario, desiderava tanto avere sue notizie e conoscere il destino delle famiglie. La madre di Mario era laureata in fisica ed il fratello, padre di Miriam e Samuele, laureato in chimica ed insegnavano in un Liceo di Roma.

Dopo il noto attentato di Via Rasella del marzo del 44, forse furono sospettati, ingiustamente, e costretti a fuggire da Roma, per loro scelta, nella direzione sbagliata, andando al nord invece che al sud, dove avrebbero avuto protezione. All’epoca, era difficile capire in quale direzione andare, la stessa Chiesa non sempre era in grado di fornire informazioni giuste. Dei ferrovieri di Udine, che guidavano i treni su ordine del comando tedesco, davano notizie dei ragazzi e delle famiglie; arrestate ad Udine, ma che erano riuscite a fuggire in occasione di un’insurrezione in Slovacchia dal treno diretto ad Auschwitz. Notizie fornite ad un Monsignore, tale Padre Matteo, Generale dell’Ordine Agostiniano. Nel duemilauno, Mimì con dei ragazzi polacchi, va in Polonia, in pellegrinaggio alla Madonna di Jasna Gòra, a cui era devoto Papa Giovanni Paolo II, nella città di Czestochowa ed a visitare il Museo di Auschwitz. E’ ospite della famiglia Polacca, in una casetta in piena campagna, nel paese di Szerzyny a 200 Km da Cracovia, a 250 da Auschwitz ed a 350 da Czestochowa.

PELLEGRINAGGI DI FEDE E AMORE

Santuario di Jasma Gora 1La visita al Santuario di Jasna Gòra con i germani Dudek Mario, Agnese ed Angelica, impegna l’intera giornata di mercoledì. In Chiesa la messa venne annunciata da un sonoro frastuono di trombe seguito dall’alzata del pannetto che copre l’immagine della Vergine con il Bambino in un quadro dorato su un sontuoso altare.

Il giorno seguente, si va in visita ad Auschwitz che è in lingua tedesca, mentre i Polacchi chiamano la località Oswiecim, che indica una vasta area. Si arriva al Museo e si passa sotto l’arco in ferro con la scritta “Arbeit macht Frei” (il lavoro rende liberi). Il gruppo entra in alcuni edifici dove vi sono stanze di grosse dimensioni con allocati alle pareti una serie di letti a castello a tre piani con telaio in legno e telo semirigido che lasciano trasparire il preesistente vecchio sudiciume. In delle camerate, alle pareti sono esposte centinaia di foto di persone deportate la cui immagine indica un precario stato di salute, alcune sembrano degli scheletri. Vi sono camere in cui sono ammucchiati tanti abiti alla rinfusa di uomini, donne e bambini, appartenuti a persone di cui non se ne conosce la fine.

maxresdefault 1024x576I letti, le foto, gli abiti suscitano in Mimì tanti pensieri su persone che sembrano come conosciute; si prosegue nella visita e si entra in una camerata in cui è ammassato un enorme mucchio di scarpe alto quasi due metri, dove accosto ad una parete Mimì scorge un sandalo appartenuto ad una bambina con le fettuccine di copertura colorate in giallo e verde. E’ a questa vista che torna alla mente di Mimì l’immagine dei tre ragazzi accosti al vetro della macchina. Quei sandaletti sono uguali a quelli calzati dalla bambina Miriam, regalategli dalla zia, tante scarpe di bambini e di donne che sembravano appartenute a persone conosciute nella sua infanzia. La sua mente fu sconvolta alla vista di tanti indumenti che immaginava indossati da persone conosciute, davanti ai suoi occhi compariva sempre l’immagine dei suoi amichetti che gli facevano le boccacce appiccicati al vetro della macchina. Mimì non ha più la voglia e la forza di guardare, di continuare la visita di quei luoghi, gli tremano le gambe e chiede ai compagni di viaggio di sospendere la visita ed andare via. Per uscire dal campo passano nei pressi delle bocche del forno crematorio, e qui, Mimì ricorda quanto gli aveva raccontato un vecchio militare addetto alla introduzione delle salme, su un carrello in ferro.

Sulla strada del ritorno si fa una breve sosta a Cracovia per la visita alla famosa Università e poi il rientro. La notte Mimì non dorme, avanti agli occhi compaiano di continuo i luoghi visitati con il loro silenzio, i sandali di bambina ed i tanti indumenti di uomini e donne che un giorno vi avevano vissuto.

treno21 300x223Dopo quanto visto ad Auschwitz, a scombussolare ancora la mente e l’animo di Mimì, vi contribuì un fortuito incontro avvenuto a seguito della foratura di uno pneumatico dell’auto, nel viaggio di ritorno nel territorio dello Stato Slovacco con un Prete che parla un poco di italiano che va a chiamare il titolare dell’officina meccanica a circa dieci Km. Durante la riparazione della gomma, Mimì si intrattenne con il Prete che racconta di essere di religione ortodossa e di desiderare tanto di visitare Roma, in quanto, a suo dire, il padre, aveva vissuto parte dell’infanzia a Roma ed ora era andato a vivere con una figlia sposata in Ucraina, che era polacco anche se nato in Italia, che aveva perso i genitori in una stazione ferroviaria in Slovacchia a seguito di un’insurrezione di migliaia di persone.

Il racconto del Prete scosse la mente di Mimì che chiese al Prete come si chiamava e questo rispose: Leonardi e desiderava visitare il Vaticano e Pompei per averne sentito parlare dal padre e visto alcune foto in una rivista. Mimì incuriosito ed affascinato è intenzionato a saperne di più, sempre alla ricerca di tracce di Mario e famiglia, chiede al Prete un suo recapito e lui gli risponde che al momento non disponeva di una sua dimora fissa in quanto appoggiato occasionalmente al altro Prete, ma che era interessato a contattarlo sul numero fornitogli da Mimi. Cosa mai avvenuta.

Oggi, Mimì attende ancora, sperando che, Mario con i cugini Miriam, Samuel con i rispettivi genitori, a seguito della nota sommossa avvenuta in una stazione ferroviaria in Slovacchia, nel 1944, sono salvi ed in vita da qualche parte. Dopo aver visitato Auschwitz, entrato in quei luoghi così tetri, visto quelle immagini e foto alle pareti, i sandali di bambini, indumenti, il silenzio di quei luoghi di sterminio, mai dimenticherà. Ancora stenta a credere a quello che si è potuto verificare in quei tempi ed in quei luoghi, quelle poche parole ed i piccoli spiragli raccontati dal prete ortodosso, lasciano sperare che Mario è vivo e che possa essere il padre del prete, al quale il destino ha evitato di subire quelle atrocità. Se così fosse, quanto sarebbe bello rivedersi e conoscere la storia intercorsa da quel momento del distacco all’oggi, attraverso epoche tanto diverse.