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Sarà presentato ad Avella "Di pura razza italiana" di Mario Avagliano

copertina D iPura Razza ItalianaAvella - 04.02.2014 - Il giorno 9 febbraio, alle ore 17.00, organizzata da Movimento per la Cittadinanza Attiva, presso il Palazzo Baronale di Avella, ci sarà la presentazione del libro di Mario Avagliano "Di Pura Razza Italiana".
Il libro, che affronta in maniera dettagliata la questione della promulgazione delle leggi razziali ad opera del governo fascista, nel 1938 e della sua attuazione fino al 1943, è stato scritto con la collaborazione di Marco Palmieri, con il quale ha già lavorato in precedenti lavori.
Di pura razza italiana, Baldini & Castoldi, pp. 446, euro 18.90, per la prima volta in Italia, mette a fuoco la reazione di complicità, indifferenza, opportunismo, e in rari casi di solidarietà, degli italiani "ariani" ai provvedimenti e alla persecuzione antiebraica nel nostro Paese, attraverso una ricognizione ampia e approfondita dei documenti coevi da tutta Italia, quali diari, lettere, denunce, articoli di giornale e relazioni fiduciarie. Un libro di forte denuncia, che va letto e fatto conoscere, soprattutto ai giovani.
L'iniziativa si svolgerà attraverso letture di brani, la proiezioni di documenti storici e con interventi da parte di esperti di storiaDieci studenti delle scuole medie, inoltre, nel corso dell'incontro, verranno premiati con la consegna di un libro.

Mario AvaglianoL'autore
Mario Avagliano, nato a Cava de' Tirreni il 15 luglio del 1966, è uno storico e saggista italiano. Giornalista professionista, collabora con le pagine culturali de Il Messaggero e de Il Mattino.
È coniugato, ha due figli : Alessandro e Chiara, e vive a Roma. È figlio dell'editore e scrittore Tommaso Avagliano. Ha ricevuto diversi riconoscimenti per la sua attività di saggista e storico: nell'aprile 2010 l'Anpi lo ha insignito del 7° "Premio Renato Benedetto Fabrizi"; nel settembre 2012 si è aggiudicato il Premio Fiuggi Storia e il 5º Premio "Gen. Div. Amedeo De Cia".

 

OMICIDIO-SUICIDIO: UCCIDE LA MOGLIE E POI SI AMMAZZA

carabinieri NOTTESERINO - Ha ucciso la moglie e poi si e' suicidato. Un uomo ha posto cosi fine a un rapporto familiare controverso, causato soprattutto dalla sua difficoltà nel trovare lavoro negli ultimi due anni. La tragedia è avvenuta, questo pomeriggio poco dopo le 17, a Santa Lucia di Serino, in provincia di Avellino. L'uomo, Alessandro Mariconda, ha 57 anni e ha ucciso la moglie, Anna Tavino di 50 anni, in strada: l'ha raggiunta nei pressi di un supermercato, dove era andata per fare la spesa, e senza tentennamenti le ha sparato con una pistola. La vittima è crollata al suolo spirando sul colpo. Poi l'omicida è rientrato in casa dove si è suicidato. La coppia aveva avviato l'iter per la separazione.

Seconda conferenza stampa per l’organizzazione di “Una marcia per la vita” e costituzione di un Osservatorio Territoriale Mandamentale per il biomonitoraggio ambientale

MARCIA-X-LA-VITA 1 - Copia 400x291Mugnano del Cardinale - 26.01.2014 - Le associazioni: Isde Campania medici per l'ambiente, Cittadianza attiva, Ultimi - di Don Aniello Mancaniello, Assocampania Felix, hanno tenuto venerdì 24.01.2014 la seconda conferenza stampa presso la biblioteca Comunale di Mugnano del Cardinale alla via Garibaldi alle ore 18,00 per fare il punto circa la prossima manifestazione "UNA MARCIA PER LA VITA" del due febbraio 2014.
Sono intervenuti il Sindaco di Baiano Montanaro Enrico, quello di Sirignano Colucci Raffaele, il presidente del consiglio comunale di Mugnano Valentino Giuseppe, la consigliera comunale di Baiano Conte Gina, il parroco Don Aniello Mancaniello, il Dott. Filomeno Caruso, il Prof. Andrea Canonico, l'avv. Antonio Napolitano, il Dott. Caruso Andrea, il Prof D'Avanzo Francesco, Pietro Litto ed il Dott. Pietro Bianco responsabile del dipartimento di salute mentale dell'ASL di Avellino.
Dagli interventi di tutti i presenti è stata unanime la voce di impegnarsi direttamente, coinvolgendo la Comunità mandamentale, a coltivare il valore della vita, della salute, dell'ambiente, della legalità.
Dalla discussione è emerso, altresì, la volontà di istituire a tal fine un Osservatorio Territoriale Mandamentale per il biomonitoraggio ambientale al fine di tutelare la salute della comunità per generare un futuro migliore.

Si rinnova, anche quest’anno, la festa di San Ciro al Purgatorio di Avella

Francesco Orciuoli – 30.01.2014 - Anche quest'anno il 31 gennaio prossimo nella frazione Purgatorio di Avella, nella Chiesa delle Anime del Purgatorio si celebra la festa religiosa di "S. Ciro eremita medico e martire". I preparativi fervono già da un paio di settimane sotto la cura del " Comitato festa S. Ciro eremita medico e martire 2014" formato da tutti gli anziani della frazione Purgatorio, ma che si riassumono e si identificano con gli deus ex machina Salvatore Ercolino ed Elia Orciuoli, i quali si preoccupano di tutto ciò che occorre per far si che la festa del patrono del rione riesca e vada a buon termine , così come avviene da innumerevoli anni.

Avella-Chiesa-del PurgatorioBREVE CRONISTORIA DI S. CIRO EREMITA MEDICO E MARTIRE.
Origini e esercizio dell'arte medica. Le scarse e frammentarie notizie biografiche che ci restano su San Ciro, sono a noi pervenute per tradizione orale, soprattutto grazie a una "passio" del VII secolo, attribuita al patriarca di Gerusalemme San Sofronio, autore degli Atti dei santi martiri alessandrini Ciro e Giovanni. Ciro nacque da famiglia cristiana intorno all'anno 250 ad Alessandria d'Egitto, e studiò medicina nella sua città. Qui aveva sede una celebre scuola di medicina, dove aveva studiato anche il famoso Claudio Galeno. Divenuto medico in quella scuola, Ciro aprì nel rione Doryzim un ambulatorio con laboratorio. Sofronio racconta che Ciro era un medico valente, rifulse per la dottrina, ed eccelse in maniera particolare per la santità della vita, umile e dedita alla carità. Somministrava cure gratuite ai poveri e indigenti, tanto da guadagnarsi l'appellativo di "anàrgiro"(dal greco anargyros, senza denaro), e incitava i malati a trovare conforto nella fede e nella preghiera. Ridonava la salute tanto ai corpi quanto alle anime e convertì molti pagani al cristianesimo. Sofronio dice espressamente: « Allorché intanto visitava gli infermi, mettendo in non cale i precetti di Galeno, d'Ippocrate, e di altri autori consimili, che li adattava in secondo luogo, prendeva dai nostri fonti mille sentimenti dei Profeti, e dei Padri, i quali univa, e tosto con una maniera tutta divina chiamando gli ammalati dolcemente al dovere, non solo ai loro corpi, ma alle loro anime ancora apprestasse l'analoga medicina [...] Ne avveniva, che lo spirito di molti, amanti della vera pietà, rimaneva confermato nell'amore della verità, e da non pochi infedeli abbominavansi gli errori dei Greci, che dominavano ovunque sotto l'impero di Diocleziano ». La scelta del deserto. Nel 299 i medici alessandrini, accusati di magia e stregoneria, divennero bersaglio di una violenta sommossa popolare e, poiché gravava su di essi il sospetto di cospirare contro l'impero, l'imperatore Diocleziano decise di perseguitare chiunque svolgesse attività "curative" senza autorizzazione, senza distinguere tra medici e maghi. Le autorità imperiali non risparmiarono neppure i trattati di scienza medica contenuti in migliaia di rotoli di pergamene, che vennero incendiati e distrutti. La datazione corrispondente al tempo di Diocleziano è l'unico dato cronologico offerto dalle fonti su San Ciro. Egli visse perciò nella seconda metà del III secolo, giungendo fino al 303, anno della grande e ultima persecuzione scatenata da Galerio e Diocleziano. Sofronio riporta anche il nome del prefetto di Alessandria a quel tempo, Siriano, che in ottemperanza ai dettami dell'imperatore, perseguitò tutti i medici dell'Egitto, e venuto a conoscenza delle azioni del Santo, comandò che fosse subito arrestato. Ciro venne quindi perseguitato in un primo momento, non tanto come cristiano, ma come medico.Per evitare la persecuzione San Ciro decise di ritirarsi in Arabia Petrea, presso la piccola oasi di Ceutzo. Questa fuga da Alessandria segnò una nuova tappa nella vita del medico cristiano. La tumultuosa metropoli egiziana, caduta nella degradazione morale e nella corruzione della stessa classe dei medici, non riuscì a intaccare la sua morigeratezza. Egli si appartò dal mondo e si dedicò ad una vita anacoretica di preghiera e penitenza, cambiando anche il suo modo di essere medico. Smise di esercitare la professione ma non rinunciò ad aiutare il prossimo, non servendosi più di erbe e medicinali, ma affidandosi alla preghiera e all'insegnamento delle persone che lo raggiungevano. Sofronio infatti dice: « Mutò ancora il sistema di medicare. Imperrocchè Ciro da quell'ora non era più tenuto qual medico, né lo era col fatto, ma piuttosto qual operatore di miracoli ». San Ciro fu guida spirituale di molti eremiti, tra questi il legionario Giovanni, nativo della città di Edessa (oggi Urfa), in Mesopotamia. I dati biografici su Giovanni sono pochi e incerti, si sa solo che intraprese la carriera militare e che poi fu costretto ad abbandonare l'esercito a causa dell'editto di epurazione, emanato contro i soldati cristiani da Diocleziano nel 298. Egli infatti scelse di rinunciare al titolo e ai privilegi militari per professare la fede cristiana, e raggiunse Ciro a Ceutzo, dove i due condivisero la vita ascetica per quattro anni. Il martirio. Nel 303 si abbatté sulla Chiesa la persecuzione più violenta e più sanguinosa di tutti i tempi, che dette a quel periodo, durato un triennio, l'appellativo di "era dei santi martiri". Diocleziano intensificò la persecuzione contro i cristiani, che attraverso l'emanazione di diversi editti, furono destituiti dei loro diritti civili, arrestati, e qualora non abiurassero la propria fede, torturati e condannati a morte. La tremenda persecuzione si estese in Asia Minore, dilagò in Palestina, quindi divampò in Africa. A queste notizie Ciro e Giovanni decisero di lasciare il proprio eremo e di ritornare ad Alessandria per sostenere i fratelli nella fede. San Sofronio fa menzione di tre fanciulle, Teotiste, Teodota ed Eudossia, con la loro madre Atanasia, vedova. Queste, poiché cristiane, da Alessandria erano state incarcerate a Canopo, immaginetta di San Ciroper essere condannate, qualora non abiurassero la loro fede. Così, dopo quattro anni di vita ascetica, Ciro e Giovanni decisero di fermarsi in questa cittadina per consolare, con la parola e l'esempio di fermezza, la piccola comunità cristiana. Essi furono scoperti e accusati di insinuare alle donne arrestate il disprezzo per gli dei e il loro culto. Vennero portati presso il prefetto Siriano, il quale comandò che venissero torturati se non avessero ritrattato la fede cattolica. Così, alla presenza delle donne e con lo scopo di intimorirle, essi vennero condannati alla morte più atroce. I supplizi loro inferti furono tra quelli più conosciuti all'epoca: flagelli, chiodi, ustioni con torce ai fianchi, pece bollente, versamento di sale e aceto sulle piaghe. Ma le donne alessandrine, confortate dal loro esempio, rifiutarono di rinunciare alla propria fede e vennero spietatamente trucidate. Subito dopo Ciro e Giovanni, con la decapitazione, subirono l'eroico martirio: era il 31 gennaio del 303. Culto e traslazione delle reliquie. I corpi dei Santi Ciro e Giovanni vennero riposti nel tempio di San Marco ad Alessandria, dove rimasero fino all'inizio del V secolo. Successivamente il patriarca alessandrino San Teofilo, con lo scopo di perpetuare il ricordo dei martiri e sradicare il culto degli dei pagani, aveva iniziato a far costruire a Canòpo un tempio dedicato agli Apostoli, dove trasferire i corpi di Ciro e Giovanni. Tale progetto venne portato a compimento dal suo successore San Cirillo e la traslazione delle reliquie a Menouthis (ricco sobborgo di Canòpo) avvenne nel 414. Il santuario acquistò ben presto larga fama, e la notizia di alcune guarigioni avvenute nel tempio di Menouthis richiamarono a Canòpo numerosi pellegrini. La principale pratica devozionale era quella della "incubatio", ossia di dormire distesi sul pavimento e attendere, durante il sonno, l'apparizione di san Ciro che indicava i rimedi ai loro morbi (analogamente a quanto si faceva nella Grecia antica nei templi dedicati al dio Asclepio). Il testimone principale della vitalità del culto verso i santi martiri fu lo stesso Sofronio, anch'egli guarito da un'oftalmia a seguito di un sogno. Egli stilò anche una raccolta di 70 miracoli ivi operati, divisi in sette decadi; di alcuni fu testimone oculare, di altri ebbe notizia dagli stessi miracolati. Con l'invasione araba, verso la metà del VII secolo, il santuario andò in rovina, ma ancora oggi l'intera regione dove si svolsero i miracoli e il martirio del Santo viene chiamata dagli arabi Aboukir, in memoria dell'abate Ciro. Intorno al X secolo le spoglie dei martiri furono portate a Roma da due monaci, Grimaldo e Arnolfo. Qui la colonia alessandrina di via Portuenseeresse e dedicò loro una basilica, tuttora esistente, chiamata Santa Passera. I corpi dei martiri furono riposti nell'ipogeo di questa basilica, dove è incisa anche un'antica epigrafe che recita: "Corpora sancta Cyri renitent hic atque Ioannis/ Quae quondam Romae dedit Alexandria magna" (Qui rifulgono i santi corpi di Ciro e di Giovanni, che un tempo la grande Alessandria diede a Roma). Intorno al XIV secolo, a causa delle frequenti inondazioni del Tevere, le reliquie dei santi martiri vennero trasportate nella Chiesa di Sant'Angelo in Pescheria, dove San Ciro, fin dal secolo VII, era particolarmente venerato. Successivamente, nel 1600, le reliquie furono traslate a Napoli ad opera del cardinale Francesco Sforza e collocate nella chiesa del Gesù Nuovo. Ciro e Giovanni erano già venerati a Napoli, grazie soprattutto alla presenza di colonie di mercanti alessandrini, da secoli operanti in città, che edificarono anche un tempio in loro onore presso il vico denominato de Alexandrinis. Verso il1675 giunse al Gesù Nuovo San Francesco De Geronimo, gesuita di origine grottagliese, che svolse per circa 40 anni il suo apostolato missionario a Napoli e in altre regioni del Regno. Egli contribuì a rinvigorire ed estendere il culto dei santi martiri Ciro e Giovanni. Infatti si narra che durante la sua predicazione portasse con sé alcune reliquie in una teca e se ne servisse per benedire gli ammalati. Adoperava inoltre alcuni sacramentali che egli definiva "medicamenti con i quali San Ciro sana i suoi infermi", e cioè "l'olio della sua lampada; l'acqua benedetta colla sua reliquia; li fiori polverizzati; le sue figure". Numerose sarebbero state le guarigioni e ciò contribuì a diffondere la devozione di San Ciro presso il popolo napoletano. Oggi in molte città italiane sono presenti tracce del culto di San Ciro: Torre del Greco, Atena Lucana, Sulmona, Cerignola, Castellammare di Stabia, Sora, Frattamaggiore, Acquaviva delle Fonti,Cerreto, Bologna, Novara, Foggia, Avellino, Palermo. Inoltre è patrono di Portici, Vico Equense (insieme a San Giovanni; nella Chiesa dei Santi Ciro e Giovanni sono presenti alcune loro reliquie) ,Nocera Superiore, Grottaglie, e Marineo, nonché nella frazione Purgatorio di Avella nella Chiesa delle Anime del Purgatorio. La festa liturgica ricorre il 31 gennaio.

 

BAIANO: L’AUTOCONOSCENZA NELLA CONFERENZA DI FLAVIO ANTONINO MONTELLA, ALL’”INCONTRO”

panorama - bassa rpinia25.01.14 - Riflettori aperti sui molteplici e variegati aspetti dell'autoconoscenza, nella conferenza del dottor Flavio Antonino Montella, nei locali de "L'INCONTRO". Un quadro di analisi ed argomentazioni, che il giovane funzionario dell'Agenzia delle Entrate di Nola e serio cultore, con caratura ormai professionale di psicologia ed incisive incursioni nella psicoanalisi di Freud, ha proposto con linearità di linguaggio ed agile approccio conoscitivo per un pubblico attento ed interessato, avvalendosi del supporto di schede e proiezioni di diapositive.
I caratteri dell'autoconoscenza sui versanti del controllo di sé, nella ricerca dell'equilibrio e della giusta misura dei propri comportamenti, sapendosi rapportare con gli altri, in condizioni di serenità e comprensione vicendevole come i filoni del superamento delle fobie e delle incertezze, dettate dai pre-giudizi, costituivi del muro che separa dalla realtà effettuale, sono stati il fulcro della conferenza di Montella. Un percorso, che si è aperto sulla condizione dell'uomo contemporaneo nella società della globalizzazione, sempre più rinserrato nelle chiusure dell'egoismo e dell'auto-referenzialità, come monade chiusa e senza finestre, e che trova difficoltà e limiti nella ricerca della verità, conquista ardua, se non impossibile, se non si è in grado di conoscere se stessi nei propri limiti e nelle proprie attitudini reali., fermo restando l'ancoraggio al libero arbitrio.In questo ambito i freni all'autoconoscenza sono dati in larga parte dai disvalori, con cui si connotano la superbia, l'avidità, l'invidia, la volontà di dominio sugli altri, l'arroganza, l'ira, la lussuria e via seguendo; disvalori, che contrastano con il senso dell'equilibrio della personalità; un senso, sulla cui direzione di marcia è tutt'altro che agevole muoversi ed operare.
Un prospetto, quello delineato da Montella, nel quale si collocano, al di là degli stessi fondamenti della psicologia, i dettami dell'etica laica e civile di matrice socratica, sia nelle diramazioni del pensiero di Platone sia in quelle del pensiero di Aristotele, per non dire dell'universalità del pensiero cristiano di Dante Alighieri, proiettata sullo schermo del Poema dei poemi, qual è la "Divina commedia".Sono i dettami, che esprimono con massima chiarezza come e quanto sia complesso l'itinerario del conseguimento dell'equilibrio intellettivo e dei comportamenti, attraverso il sapere e la conoscenza, che non si possono considerare mai mete raggiunte ed acquisite, ma traguardi che si possono al più avvicinare e giammai attingere.