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Avella: Secondo appuntamento degli Incontri con la Storia con focus su Antonio Barba e Antonio Vetrani, due intellettuali meridionali tra ‘700 ed ‘800

Logo IncontriN.R. - Avella – 04.02.2016 - Nel quadro della XIII edizione degli “Incontri con la Storia” organizzata dal Gruppo Archeologico Avellano, in collaborazione con la Pro Loco Abella e con la Biblioteca Comunale di Avella, domani 5 febbraio, nella sala consiliare del palazzo baronale di Avella, con inizio alle 18.00, si Copertina libro De Falco 579x800terrà una conferenza sul tema: “Antonio Barba e Antonio Vetrani. Due intellettuali meridionali tra Settecento ed Ottocento”. La manifestazione è patrocinata dal Comune di Avella e dalla Comunità Montana Partenio.Vallo Lauro e Baianese e sponsorizzata da IL MERIDIANO e dall’Associazione La Piccola Cometa “Alessia Bellofatto”. Relatori saranno il prof. Salvatore De Falco, autore del libro “Antonio Barba. Un illustre scienziato avellano” e il dott. Pasquale Colucci, autore del libro “Antonio Vetrani. Materiali per una bio-bibliografia”.

copertina libro Colucci 555x800Entrambi originari dell’area del Baianese, quella che un tempo è stata la Baronia di Avella, i due personaggi, oggetto della conferenza, conseguirono nei rispettivi campi di studio traguardi di tutto rispetto e furono autori di volumi che superarono ben presto i confini del regno di Napoli per essere letti e commentati dai maggiori centri culturali europei dell’epoca.

Lavro di Antonio Barba 510x800Antonio Barba (nato ad Avella nel 1751 ed ivi deceduto nel 1827), laureato in medicina nell’università di Napoli, condusse, infatti, preziosi studi specialistici non solo nel campo dell’anatomia, ma anche della fisica, della chimica e della botanica. E proprio in quest’ultima disciplina ottenne i maggiori risultati riuscendo a descrivere per la prima volta ed in maniera scientifica la riproduzione di due specie di muschi.

foto conferenza AVELLA 519x800Antonio Vetrani (nato a Baiano nel 1744 ed ivi deceduto nel 1813) fu invece un dottissimo sacerdote della Congregazione dei Preti Missionari di San Pietro a Cesarano e fra il 1767 e il 1780 pubblicò tre ponderosi saggi, due dei quali in latino, che spaziarono dalla geografia storica alla teologia e dalla filosofia alla letteratura, scrivendo altresì diverse altre opere, soprattutto di carattere storico e letterario, rimaste purtroppo inedite ed andate quasi tutte disperse.

E’ prevista la partecipazione di numerosi esponenti della cultura, della politica e delle istituzioni locali, ai quali faranno gli onori di casa il prof. Pietro Luciano, nella sua doppia veste di direttore del Gruppo Archeologico e di presidente della Pro Loco Abella, e il prof. Nicola Montanile, direttore della Biblioteca “Ignazio D’Anna” di Avella.

Repertorio fotografico

1 – Copertina libro di Salvatore De Falco

2 – Copertina del libro di Pasquale Colucci

3 – Frontespizio della seconda edizione della ricerca sui muschi Osservazioni Microscopiche sul cervello e sue parti adiacenti, edita a Napoli nel 1819

4 - Frontespizio del saggio Il Prodromo Vesuviano, l’opera più nota di Antonio Vetrani, edita a Napoli nel 1780.

Nola: La Chiesa di Santa Maria delle Grazie

chiesa della madonna delle grazie prospetto Copia 503x800Antonio Fusco - La chiesetta nolana di Santa Maria delle Grazie, che dà il nome alla contrada extraurbana in cui si trova, è una delle tante chiese “minori”, ma non per questo è priva di una sua valenza storica e religiosa nel tessuto memoriale della nostra città. Essa si innalza nell’angolo interno formato dalle vie Arno e Madonna della Stella, quando confluiscono nell’ultimo tratto di via Madonna delle Grazie.

La sua edificazione è collegata ad una pia leggenda sorta intorno alla metà dell’Ottocento. Si narra che i carrettieri provenienti dal Vallo di Lauro e da Palma Campania quando transitavano nella zona   per recarsi a Tufino a caricare i conci di tufo usati come materiale edile, notavano che in quel punto i loro cavalli si fermavano inspiegabilmente, come a voler segnalare qualcosa.

3 Copia 800x605Un giorno uno di essi, all’ennesima fermata dei cavalli, intravide un’icona della Vergine col Bambino, appena visibile tra le fitte sterpaglie. Considerato straordinario il rinvenimento, i carrettieri donarono le pietre di tufo per edificare una grande edicola in cui proteggere la sacra immagine. Questa leggenda ricalca altre storie consimili, riscontrabili in molte parti d’Italia, in cui si tratta del rinvenimento di immagini sacre, scoperte per caso tra l’incolta vegetazione o grazie allo strano comportamento di animali addomesticati. Senza andare troppo lontano, ricordiamo il quadro della Madonna del Carpinello di Visciano, ritrovato sotto un carpino tra arbusti selvatici, l’immagine murale della Madonna degli Angeli di Cicciano fatto recuperare da due buoi che si rifiutavano di procedere oltre mentre tiravano l’aratro, l’affresco della Madonna a Parete di Liveri individuato da Autilia Scala sotto un cespuglio. Come tutte le leggende anche la nostra deve aver avuto origine da una vicenda meno fantasiosa. Riconducendo il racconto ad una possibile realtà storica si può pensare che nel 1864 i residenti della contrada, facendosi donare i conci di tufo dai carrettieri che ivi transitavano, ricostruirono un’edicola più antica, trascurata ed invasa dalle erbe infestanti, commissionando anche una nuova icona della Madonna delle Grazie, che è il quadro attualmente venerato e che riporta la data del 1864, quindici anni prima della costruzione della chiesetta (1879). Infatti, per iniziativa di ricche famiglie, residenti nella contrada e sui declivi delle colline di Cicala (Del Cappellano, Ruffo di Bagnara, Cocozza di Montanara), nel 1879, sotto l’episcopato di mons. Giuseppe Formisano, si decise di eliminare l’edicola e di salvaguardare il quadro dalle intemperie con un edificio ecclesiale più funzionale e capace di accogliere quelli che dimoravano nel circondario, la maggioranza dei quali era rappresentata dai contadini che popolavano le sparse masserie.

4 Copia 605x800Nel 1919, al tempo della prelatura vescovile di Mons. Agnello Renzullo, la chiesetta ebbe una visita pastorale, il cui verbale fu firmato dal Vicario Apostolico mons. Agostino Migliore. Nel documento, conservato presso l’Archivio Storico Diocesano di Nola si legge quanto segue:”Questa bella chiesetta rurale cui il popolo tiene molta devozione fu fatta sotto l’episcopato del compianto Mons. Formisano. Con gli stessi convisitatori il Vicario Ge.le ha visitato l’altare ed ha ordinato che si fermi a cemento la porticina della custodia essendosi trovata staccata dal muro, il che dovrà eseguirsi tra otto giorni. Manca il confessionale e si raccomanda alla pietà dei fedeli di provvedervi. All’uopo si è incaricato il Can.co Mauro, che ha la sua casa in vicinanza. Nella visita alla sagrestia si è trovato ogni cosa ‘ad formam’, meno una pianeta che dovrà rattopparsi fra un mese. Si osserva infine essere necessario nominare un Rettore che si prenderà cura di detta chiesa: al che provvederà la Rev.ma Curia. Nola 6 settembre 1919.”.

***        

Inizialmente, come tutte la altre di Nola, era inclusa nel territorio dell’unica parrocchia nolana, intitolata a San Felice Vescovo e Martire e gestita dal Capitolo, che era rappresentato da un canonico, ilsagrista curato, scelto dal Vescovo.

2 Copia 599x800Il 2 agosto del 1916, dopo aver ottenute le concessioni legali, che allora richiedeva la normativa del Regno d’Italia, il vescovo Agnello Renzullo autorizzava canonicamente lo smembramento dell’unica parrocchia nolana in quelle del “Collegio” e del “Carmine”. Con un decreto del 15 ottobre del 1917, le due nuove istituzioni parrocchiali furono divise territorialmente da un confine che passava per le attuali vie Seminario, G. Merliano, A. Leone, Senatore Cocozza, San Felice, Sant’Anna, piazza Santorelli, fino al limite della campagna di via Polveriera. La chiesetta, quindi, entrò a far parte delle pertinenze della Parrocchia del Carmine.[1]

Il 12 settembre del 1964, quando il vescovo mons. Adolfo Binni, approvò l’istituzione della Parrocchia Maria SS. della Stella, con i relativi confini territoriali, essa fu inclusa nella competenza canonica di questa parrocchia.[2]

Da alcuni lustri ne è attento custode il maresciallo Domenico Russo, che la tiene in ordine e l’apre nei giorni prefestivi per la Santa Messa, che attualmente (2015) è officiata da don Antonio Spadafora.[3]Il maresciallo, inoltre, si preoccupa di organizzare i festeggiamenti e la processione nella ricorrenza della domenica successiva al 2 luglio.

Architettura e dotazione artistica

Il prospetto, di linee convenzionali, si innalza in due ordini. Gli spigoli del primo, a bugnato stiacciato, sono rafforzati, a livello stradale, da due blocchi calcarei; in quello di sinistra si staglia l’incisione “A. D. 1879” (Anno Domini 1879), quando, come si evince dal verbale della citata Santa visita, era Vescovo di Nola mons. Giuseppe Formisano. Nel blocco a destra si leggono le lettere M. M, sovrapposte in asse alle lettere D. D, acronimo diMatri MariaeDevote Dicatum, vale a dire: (tempio) devotamente dedicato alla Madre Maria. Perpendicolare alla fiancata destra e gravitante sulla piccola sacrestia, si staglia una disadorna vela campanaria.

I battenti della porta di ingresso, decorati con bislunghe e simmetriche applicazioni lignee fitomorfe, riportano in fondo la scritta “A devozione di Vincenzo Vitolo”.Il secondo ordine è delimitato lateralmente da lesene tuscaniche binate a fusto liscio; al centro figura un’edicola con un moderno dipinto denotante la Vergine col Bambino. Il tutto è coronato   dalla cornice del timpano con oculo centrale.

5 Copia 800x623L’interno si ispira ad un tradizionale stile di maniera, nell’insieme gradevole ed armonioso. Ognuna delle due pareti laterali della navatella è scandita da due arcate, separate da una lesena ionica scanalata, che creano una leggera rientranza muraria. Al di sopra della trabeazione si aprono quattro vuoti rettangolari, due per lato, che danno luce all’ambiente.

Nella seconda arcata di sinistra un sobrio altare donato nel 1919 “A devozione di Carmine della Pietra” fa da ribalta ad una teca lignea neogotica, in cui è sistemato il tutto tondo processionale raffigurante la Vergine col Bambino, realizzato in cartapesta a Lecce nel 2003 dalla bottega artigiana “A. Malecore”. Nell’arcata di fronte è collocato un moderno altarino marmoreo, quasi una mensola, donato dalla famiglia Vivo e dedicato a San Giuseppe Moscati.

L’abside semicircolare è tripartita da lisce lesene ioniche, ed è coperta da un catino con le abituali specchiature, che si rastremano verso l’alto seguendo l’andamento ricurvo della volta. Sopra l’altare, maggiore, di sobria ideazione ottocentesca, si staglia l’effigie della Madonna delle Grazie, che offre alla devozione dei fedeli le figure incoronate di Maria e del Divino Figlio reggente il globo. Il quadro, che reca la scritta “1864 V. A”, è   quello che si trovava nell’edicola ricostruita in quell’anno con il tufo donato dai menzionati carrettieri, e sistemato nel 1879 sull’altare maggiore. L’opera è frutto di un pennello locale esperto di tecnica pittorica e dotato di delicata sensibilità figurativa, che si manifestano nella corposità dei volumi, negli sguardi e nella morbidezza dell’incarnato delle due figure.

Nel pavimento, rifatto nel 2003 a devozione dei fedeli, sotto la mensa eucaristica, posizionata davanti all’antico altare maggiore in seguito alla riforma liturgica promossa dal Concilio Vaticano II, è inserito un pannello modulare di ceramica policroma, realizzato dall’ ing. Antonio Minieri nel 2003, su cui figurano la scrittaA.D. MDCCLXXIII e le insegne araldiche delle nobili famiglieDel Cappellano, Cocozza di Montanara e Ruffo di Bagnara, che avevano le loro dimore in quei territori e che ebbero un ruolo nella fondazione del sacro edificio.

Nella minuscola sacrestia, alla quale si accede alla destra dell’abside, oltre ad una varia suppellettile, si conserva una seconda  statua di cartapesta della Madonna col Bambino, sul cui basamento di legge: “A Devozione di Marcelliano Di Domenico – 1919”.  Il plastico cartaceo, pur essendo di fattura artigianale, prodotto probabilmente  da un valente cartapestaio nolano, si caratterizza per la vivace espressività dei volti e degli atteggiamenti, nonché per la delicatezza cromatica,  condotta sulla bicromia del bianco e dell’azzurro; fino  al 2003 era questa la statua  portata in processione.

[1]Cfr. Cfr. Fusco Antonio,La parrocchia S. Felice Vescovo e Martire, detta anche del Collegio,in Nola, cit-   pagg. 15, 20, 28.

[2]Cfr. Fusco Antonio,L’Arcicongrega nolana di Maria SS. della Stella e le due chiese dell’omonima parrocchia – Note storiche ed artistiche,pagg. 57 e 58, Arti Grafiche G. Scala, Nola 2003).

[3]Precedentemente era officiata da un frate cappuccino del vicino Convento Francescano.

Avella / Incontri con la Storia 2016: La prima parte dedicata ai personaggi del Territorio

Venerdì 29 il primo incontro nella Chiesa di San Pietro. Venerdì 5 febbraio il secondo incontro presso il Palazzo Baronale.

Logo IncontriMp. D’Avanzo – 28.01.2016 - Anche quest’anno la Pro Loco Abella, insieme al Gruppo Archeologico Avellano “Amedeo Maiuri” e alla Biblioteca Comunale “Ignazio D’Anna”, organizzano gli Incontri con la Storia, giunti alla XIII Edizione. La prima parte della manifestazione del 2016 è dedicata ai personaggi: Padre Arturo D’Onofrio, Antonio Barba e Antonio Vetrani.

Primo incontro Venerdì 29 gennaio, con inizio alle ore 18.00, presso la Chiesa di San Pietro, presentazione  di “Un uomo del nostro tempo: Padre Arturo D’Onofrio”Interverranno  Ariosto Prudenziano con una presentazione documentale dell’Opera e di Padre Arturo; padre ArturoPellegrino Gambardella ed Erasmo Sorice con testimonianze; Padre Vito Terrin, relatore.

Secondo incontro Venerdì 5 febbraio, presso la Sala Consiliare del Comune di Avella, sempre con inizio alle ore 18.00, presentazione di “Antonio Barba e Antonio Vetrani. Due intellettuali meridionali tra Settecento ed Ottocento”. Interverranno il  prof. Salvatore De Falco, autore del libro “Antonio Barba. Un illustre scienziato avellano” e il dott. Pasquale Colucci, autore del libro “Antonio Vetrani. Materiali  per una bio-bibliografia “.

L’evento è patrocinato dal Comune di Avella e dalla Comunità Montana Partenio-Vallo  Lauro e Baianese.     

Castello di Cisterna / Cultura e integrazione: sesta edizione per "Castrum Cisternae"

Il Premio Internazionale promosso dalla Pro Loco, con il patrocinio del Comune di Castello di Cisterna e dell’Accademia Internazionale Vesuviana

locandina CisternaVincenzo Esposito -  giovedì 21 gennaio 2016 - Un appuntamento che è cresciuto nel tempoe che si appresta ad aprire il sipario sulla sesta edizione. Promosso dalla Pro Loco locale, con il patrocinio del Comune di Castello di Cisterna e dell’Accademia Internazionale Vesuviana, il Premio Internazionale “Castrum Cisternae” si presenta come occasione di crescita culturale che fa della poesia, e della letteratura in genere, il proprio elemento di forza.

Un momento di incontro trasversale, tra adulti e ragazzi, che coinvolgeanche i giovani delle scuole medie del territorio. Obiettivo quello di favorire la conoscenza del proprio territorio e l’integrazione sociale, a partire dal confronto con l’elemento cultura.

L’obiettivo e quello di porre Castello di Cisterna in un circuito culturale di rilievodice il  Presidente della  Pro Loco, Ferdinando Calabresesignificati e valori importanti che siano da base per una società migliore, attraverso le parole di giovani ed adulti che partecipano al premio. Un amore per la scrittura che si sposa con l’impegno quotidiano ad abbattere ogni forma di barriera sociale”.

La crescita attraverso un confronto che supera i confini territoriali, - spiega Calabrese–“Già dalla prima edizione abbiamo avuto una notevole partecipazione nazionale. Una crescita costante che ha portato a Castello di Cisterna  poeti ed autori di tutte le età provenienti anche da altre nazioni. Un progetto in cui crediamo molto, consolidatosi appuntamento fisso nel panorama delle attività culturali e sociali locali”.

Diverse le sezioni previste per il premio: da quella dedicata alla poesia in lingua italiana, fino all’attenzione per la riscoperta delle tradizioni con una sezione dedicata ai dialetti.

Un Premio che, oltre ad ospitare “specialisti” del settore, si pone come stimolo per chi, in giovane età ma con la passione per la scrittura, voglia raccontare sensazioni ed emozioni attraverso la propria penna.

Questo è il motivo per cui in uno spazio interamente dedicato agli studenti delle scuole superiori è prevista possibilità di partecipazione anche agli alunni della scuola media locale.

Termine ultimo per la consegna fissato al 31 marzo.

Per ulteriori informazioniQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

Fra Braciola, la maschera nolana

fra braciola 347x401Antonio Fusco - La melodia della   canzone “Fra Braciola” o Brasciola nella pronuncia  vernacolare, fu composta nel 1894 da S. Gambardella sui versi  di A. Califano e  cantata dal famoso cantante Maldacea, che la fece conoscere al grande pubblico attraverso le feste di piazza, come allora avveniva. A quei tempi e fino agli anni Cinquanta, come ben ricordiamo, i testi delle canzoni erano diffusi altresì con i  “canzonieri”, fogli volanti con i testi delle canzoni, venduti da ambulanti per pochi spiccioli ai passanti interessati. La canzone ebbe molto successo soprattutto a Nola dal momento che il singolare personaggio, ispiratore del testo, dichiara espressamente di essere nolano. Subito la sua figura di monaco sui generis  fu considerata come una sorta di maschera nolana di Carnevale e come tale è rimasta nella pubblica opinione. L’allegro monaco diede anche il nome alla testata di un periodico pubblicato nella nostra città nel 1923, il “Fra Brasciola, ( Cfr. Avella L., Cronaca Nolana, Vol. VIII, pp. 904, 905). La struttura lessicale della canzone, di stampo macchiettistico, si avvale di una metrica cadenzata grazie alle rime baciate e ai quattro versi tronchi di ogni strofa, nonché di metafore e doppi sensi. Ne riportiamo i versi.

1

Io me chiammo Don Luca Scarola

nativo di Nola

ma me chiammano ‘o frate Braciola

‘o frate Braciola!

N’aggio fatte benedizione

Cu chistu curdone!

Mangio, bevo, passeo, spasseggio,

gioco, fumo e amoreggio.

L’auto munno addò sta?

Cchiù, cchiù, cchiù, cchià,

belli chiacchiere ossà,

tutt’ ‘avimm’ ‘a …sfucà.

2

‘O priore, ‘na maneca ‘e cato,

nu  turzo munnato …

tene e fili e ‘na scarda ‘e nepota

ch’a capa l’avota.

Quanta vute aggio fatto ‘int’ ‘a cella,

pe’ stangiulella!

Tiene tiè nu juorno sferraje

E accussì le parlaje.

L’auto munno addò sta?

Cchiù, cchiù, cchiù, cchià,

belli chiacchiere ossà,

tutt’ ‘avimm’ ‘a …sfucà.

                                                                                                                                                       

3

D’ ‘o commento p’ ‘o scandalo dato

me n’anno cacciato!

“Fra Brasciò”, ‘o priore m’ha ditto

“o t’ha spuse o si …fritto”.

Vi che sciorta me steva astipata

pe’ ‘na parlata.

Mo m’ha sposo e istruisco la prole

cu chesti parole.

L’auto munno addò sta?

Cchiù, cchiù, cchiù, cchià,

oj bello ‘e papà

tutt’ avimmo a  … sfucà

Fra Braciola certamente doveva  essere  un “picuozzo, come si definiscono dalle nostre parti i conversi laici, che non prendono i voti e sono  utilizzati  per le questue e in  lavori e servizi nelle comunità conventuali. Dai referenti testuali se ne arguisce facilmente il  carattere irriverente e  buontempone, dedito più ai richiami dei sensi e  alla bella vita, piuttosto che alle meditazioni del chiostro.  

Nella foto: Fra Braciola nell’interpretazione del prof. Antonio Di Palma

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