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MUSICA: GIANNA NANNINI LIVE IN STREAMING PER CHI E' CASA

NANNINI GIANNAUn concerto ‘fatto in casa’ per chi in questi giorni di emergenza è costretto a restare a casa con i propri cari "La cosa brutta di questo virus è la solitudine. Ognuno di noi deve mettere a disposizione qualcosa di suo per la nostra comunità". Così Gianna Nannini annuncia un appuntamento in diretta streaming dalla sua pagina Instagram, giovedì 12 marzo alle 16: un modo inedito di condividere con i suoi fan "l'isolamento in casa" che stiamo vivendo in questi giorni. "Io sono a Milano e - scrive - voglio organizzare delle serenate di rock acustico online per stare tutti più vicini in sicurezza. Da questo momento attiveremo i dispositivi che già si usano per la scuola online (come ho visto nella scuola di Penelope) e faremo il possibile per superare questo terribile momento insieme. L'essere umano deve ripartire dalla sua debolezza, dalla sua fragilità, per scoprire nuove cose dimenticate, senza farsi attanagliare dalla paura. Vi aspetto giovedì alle 16", scrive la rocker di Siena.

TEATRO: MALORE PER LA CUCINOTTA, VIOLENTA INFLUENZA A CASTELLAMMARE

CUCINOTTA TEATRO BELVÈ stato un malore «conseguenza di un violento stato influenzale» a impedire ieri sera all'attrice Maria Grazia Cucinotta (nella foto al centro durante lo spettacolo teatrale) di andare in scena al Teatro Supercinema di Castellammare di Stabia dove era in programma lo spettacolo Figlie di Eva. Un vero e proprio imprevisto visto che l'attrice «era partita da Roma per il tour previsto», come spiega la società di produzione Bis Tremila. Nella nota si ripercorre quanto accaduto ieri, prima dello spettacolo. «Prontamente assistita dal medico di sala», la Cucinotta, «è stata portata in ospedale dove, dopo averle fatto una serie di accertamenti, le hanno detto che poteva rientrare in albergo ma di restare a riposo fino a che la febbre e le sue condizioni generali non miglioreranno». Ora l'attrice «sta meglio», non si è trattato di «nulla di grave, è solo una delle tante vittime di questa influenza. Ringraziamo tutti per la partecipazione e per l'interessamento», conclude il comunicato della società di produzione.

FESTIVAL DI SANREMO: VINCE DIODATO CON 'FAI RUMORE'

DIODATO PREMIOLa settantesima edizione del Festival di Sanremo è stata vinta da Diodato. Secondo classificato Francesco Gabbani e terzi la rivelazione della kermesse: i Pinguini tattici nucleari. Il cantautore tarantino è sempre stato tra i favoriti in questa settimana con il suo brano ‘Fai rumore’ che parla della necessità di abbattere i muri dell’incomunicabilità, un invito a bruciare quei silenzi che amplificano le distanze. È piaciuta la sua canzone, ha convinto la sua interpretazione. C’è chi dice sia «chirurgico», perfetto, preciso. Ha vinto la 70edizione del Festival di Sanremo a 38 anni dopo aver calcato il palco del Teatro Ariston tra le Nuove proposte nel 2014, e tra i big nel 2018. E questa, la sua terza volta, è stata quella giusta. Le sue performance sono state sempre perfette fin da martedì 4. Alla fine della prima serata era già nel podio, classificandosi al terzo posto. E più o meno è sempre rimasto in quella posizione. Addirittura primo nella classifica della sala stampa. Molto applaudito nella serata delle cover dove insieme a Nina Zilli ha proposto «24mila baci» di Celentano, rivisitata in chiave ancora più rock n’ roll. Diodato in un post su Instagram, aveva annunciato di voler rendere omaggio a Celentano, da lui considerato padre del rock n’ roll italiano. «Io amo il rock’n’roll da sempre e in questi anni non avevo ancora avuto occasione di poter rendere omaggio a uno dei più grandi artisti italiani» aveva detto. n conferenza stampa l’altro giorno aveva detto: «Sono stati mesi incredibili che mi stanno dando una soddisfazione immensa. Da “Che vita meravigliosa” a “Fai rumore” è stato compreso il pensiero che c’era dietro e questa è la cosa più importante. La cosa più bella è sentirsi dire: “hai scritto la mia canzone”. Questa è la cosa più bella per me». Ha poi spiegato il suo brano sanremese : «Sarà capitato a tutti di allontanarsi da un’altra persona. Questo è un invito a far sentire la propria umanità con un rumore dolce. Quei silenzi che si creano rischiano di amplificare anche dei silenzi errati. E’ un invito a provare a non distruggere ciò che di buono c’è stato nel vissuto. Oggi ci sono due grandi divisioni nella nostra società: una parte troppo rumorosa composta da urlatori che si vogliono imporre con determinati slogan, dall’altra parte c’è un altro mondo che non si riconosce e che talvolta rimane troppo in silenzio. Ecco, questa canzone è anche un invito a loro a manifestare il loro dissenso facendo attenzione alle parole».

OSCAR: STRAVINCE 'PARASITE' DI BONG JOON HO. TRIONFO PER PHOENIX E IL SUO JOKER

OSCAR HOL’Oscar è sud coreano. Le statuette più importanti vanno a «Parasite»: miglior film, miglior regista, Bong Joon Ho, migliore pellicola straniera. La sorpresa dell’anno, un’opera spiazzante, Palma d’Oro a Cannes, trionfa anche al Dolby Theatre di Los Angeles. Due i grandi sconfitti, il kolossal (forse un po’ troppo) «1917» di Sam Mendes e «The Irishman» di Martin Scorsese. La platea ha riservato al grande regista italo-americano una delle poche standing ovation, ma l’Academy gli ha mandato un segnale fin troppo crudele: nessun premio per lui, né per i giganti del suo film, Al Pacino e Joe Pesci, inseriti nella categoria per gli attori non protagonisti. Hollywood apre a una cinematografia lontana, anche se il regista Bong Joon Ho si è professato «allievo» di Scorsese, «ammiratore» di Quentin Tarantino e così via. Al di là del giudizio sul film la 92 esima edizione si apre al mondo con un effetto salutare anche per il cinema e la cultura americani. Tutto o quasi come previsto, invece, nel resto del tabellone. Miglior attore protagonista l’insuperabile Joaquin Phoenix, per Jocker. Tra le attrici svetta Renée Zellweger, per «Judy». Nell’anno elettorale, con le primarie democratiche in pieno corso, e a nove mesi dalle presidenziali, Hollywood ha preferito fare un passo indietro. È sembrato che le star, registi, attori e attrici, abbiano accuratamente evitato di uscire dal perimetro dello show, limitandosi a leggere i messaggi standard di ringraziamento. Hanno fatto eccezione le tre stelle premiate. A partire da Brad Pitt che ha attaccato Trump: «Mi hanno detto che avevo solo 45 secondi qui, 45 secondi in più di quanto il Senato ha dato questa settimana a John Bolton», ha detto, prendendosela dunque con il Senato a maggioranza repubblicana che bloccato la testimonianza di Bolton, ex Consigliere per la sicurezza nazionale, nel corso del processo per l’impeachment del presidente Donald Trump. Poi Phoenix, molto emozionato che ha innanzitutto ricordato il fratello River, scomparso per overdose 26 anni fa. Passando quindi a temi più generali: «Ho pensato molto a questi problemi difficili che dobbiamo fronteggiare collettivamente. E penso che talvolta pensiamo di impegnarci per cause diverse. Ma io vedo un tratto comune. Ogni volta che parliamo di ineguaglianza tra i generi o di razzismo o di diritti degli LGBT o degli indigeni o degli animali, noi stiamo parlando di una lotta contro l’ingiustizia». Poi si è soffermato sulle «crudeltà» inflitte dall’uomo «pensando di essere il centro del mondo»: «Noi facciamo in modo che le mucche siano inseminate artificialmente e poi togliamo loro i vitelli e togliamo loro il latte da mettere nel nostro caffé».

Ultima tappa del “Cinema che non si vede”, rassegna itinerante promossa da Ucca

“Viviamo in un mondo in cui tutto viene delegato alla fotografia e non alla memoria". Qual è allora il ruolo dell'immagine? E cos'è la bellezza? Addizione, o sottrazione? Fine, o strumento? 

 

80429374 10221567221038277 7713161587397230592 nN.S. - 30.12.2019 - Il 30.12.19, alle 18.30, al Tilt – in via Santo Spirito- ultima tappa del “Cinema che non si vede”, rassegna itinerante promossa da Ucca (Unione, Circoli, Cinematografici, Arci) con il sostegno della Regione Campania. 

Lo ZiaLidiaSocialClub ha presentato, in anteprima assoluta per la Regione Campania, il film "La scomparsa di mia madre”, unica opera italiana al Sundance Festival 2019, l’esordio sorprendente di Beniamino Barrese.
Apparire. Essere qualcuno. Essere di qualcuno. Divenire. Desiderare di sparire. La scomparsa di mia madre, esordio di Beniamino Barrese, è un documentario anomalo e affascinante, distribuito nelle sale da Reading Bloom e Rodaggio.

Anomalo nel nostro panorama cinematografico (la prima assoluta del film è stata al Sundance Film Festival, unico titolo italiano selezionato) e affascinante perché del cinema del reale ne dischiude l’essenza.

La madre del titolo è Benedetta Barzini, la donna che fu la prima top model italiana scelta da Vogue e da artisti della fotografia come Irving Penn (fratello del regista Arthur Penn) e Richard Avedon (celebri i suoi ritratti in bianco e nero di star hollywoodiane).

70719614 1162298860641787 2279102026129037547 nVivo in un mondo dove tutto viene delegato alla fotografia e non alla memoria. Mi interessa quello che non si vede e non quello che si vede”. Benedetta Barzini guarda, spesso, con disprezzo la macchina da presa. Non ama svelarsi, non ama l’occhio estraneo che rende tutto uniforme (“ci sono 100 milioni di foto dei tramonti - confida a un certo punto - francamente tutti uguali, però non sono uguali quando li vedi”), poi cede e si scopre perché è un racconto quello che il figlio vuole realizzare. Un racconto di una donna dirompente e sincera nelle sue lezioni e interrogazioni agli studenti universitari (cura corsi di “Storia dell’abito” e “Antropologia della Moda”), naturale nei suoi attacchi verbali al regista, che la filma in ogni istante, perfino nei dettagli intimi della sua quotidianità.
In un equilibrio tra purezza e immediatezza, tra controllo e messa in scena, “La scomparsa di mia madre” racconta quello che le immagini tentano di celare. Benedetta Barzini, incline alla fama prima e riluttante poi agli onori e alla bellezza come unico fine, non ha paura dell’imperfezione e degli anni che si sedimentano sul viso. E si mostra perché non le piacciono “le cose cementate”.

E cementato non è (anche se sarebbe stato un rischio produttivo) il film che compone, con la stessa precisione dei tasselli in un puzzle, la storia e il presente, la spontaneità e la ferocia contro la macchina da presa sempre accesa e sempre a centellinare ogni istante, filtrando le sue giornate (come l’incontro con la sua amica di una vita, l’ex top model e attrice Lauren Hutton). Eppure il film di Beniamino Barrese potrebbe essere, come annunciato dal possessivo del titolo, un film privato, un trasparente ritratto dell’incarnazione della bellezza, che con il trascorrere del tempo diventa più “carne”, più vita. Ma non lo è. “È un film sulla donna, che pensa e che si ribella alle chiusure e alle definizioni. Un film che sfiora quel pezzo di storia italiana sul femminismo e che si allarga sempre di più, scena dopo scena, al presente di ogni donna. Indaga la sostanza della femminilità e dischiude l’orizzonte sulla libertà, come valore e non come semplice rivendicazione, della donna spesso chiusa dagli sguardi altrui e dalla necessità o dipendenza del riconoscimento” (Emanuela Genovese).
Poster 1 001 1A seguire, visione del cortometraggio: "VALPARAISO" di Carlo Sironi
E' la storia di Rocio, – che al 69esimo Festival di Locarno ha portato a casa il Premio Film und Video Untertitelung, sezione “Pardi di domani” – un’immigrata clandestina, vent’anni, sudamericana. Vive da mesi dentro il Centro Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria, alle porte di Roma. Stavano per rispedirla a casa, ma una cartella medica ribalta l’imminente destino: Rocio è incinta di quattro mesi. Il padre? “Nessuno”. Una vita nuova arriva a sabotare la routine di quel limbo per irregolari, col tempo scandito tra le sbarre alte e le stanze un po’ ammuffite. Rocio è sola, con questo figlio per caso. E la legge non può espellerla mentre è in gravidanza, né può trattenerla dentro a un CIE. Libera, fino al parto e nei sei mesi successivi, con una vita da inventare.
Sironi svela poco o nulla di fatti e antefatti, del travaglio interiore e delle contingenze, ma lascia passare il dramma di una clandestinità perenne, di una solitudine senza variazioni.
I centri di identificazione ed espulsione sono dei luoghi di controllo e segregazione in cui la libertà viene sistematicamente negata. Un'immigrata irregolare rimane incinta durante la sua prigionia e in virtù della sua gravidanza, ottiene un permesso di soggiorno e un lavoro, un'apparente libertà. A volte il libero arbitrio e la possibilità di scelta concedono solo una libertà illusoria. La negazione di un legame può rafforzarlo ancora di più, invece di cancellarlo. Con Valparaiso ho voluto mostrare queste contraddizioni attraverso episodi della vita di Rocio. Ho scelto di filmarlo con un linguaggio scarno per raccontare nel modo più essenziale possibile il doloroso viaggio di una donna che prima nega e poi si riappropria del suo essere madre - Carlo Sironi.
Alla fine un dibattito con il pubblico moderato dalla scrittrice Valentina Mariani, che aggiunge:” Il regista racconta la madre, Benedetta Barzini, prima fotomodella italiana della storia, che frequentò nei favolosi anni ’60 a New York personaggi del calibro di Andy Warhol, Salvador Dalí, Marcel Duchamp, Truman Capote. Negli anni ’70 si unì alle lotte femministe e tuttora, giornalista e docente universitaria, resta indefessa e provocatoria pensatrice che ha fatto del corpo e dello sguardo un consapevole uso artistico e culturale e un’affermazione valoriale di radicale indipendenza.”

Abbiamo scelto, conclude Michela Mancusi dello ZiaLidiaSocialClub,, di salutare con un cinema di pensiero un anno di visioni, incontri e riflessioni particolarmente intenso per accogliere, a partire dalle suggestioni offerte dalle protagoniste Benedetta Barzini e Rocio, un nuovo anno di visioni meni ambigue e più libere.

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