Ven04192024

autonoleggio

Seguici su ...

facebook 5121

Back Sei qui: Home Notizie CRONACHE & D'INTORNI

NOTERELLE STORICHE SU CICCIANO

Rovistando tra scartoffie e fogli ingialliti … documenti sullo stemma e sull’Onciario del 1746.

 

Lo stemma di Cicciano nel tempo da Il Gazzettino dic. 2011 pag. 9 CopiaNicola Montanile – dicembre 2019 - Rovistando tra scartoffie e fogli ingialliti, balza agli occhi un interessante testo di 24 pagine, con copertina grigia dal titolo "PER LO STEMMA DI CICCIANO", il cui autore è un certo Umberto Sammarco - MICHELE CARUSO – Casalnuovo di Napoli - 1934 - XII.

Il testo, che sull'antepagina presenta la stesse indicazioni, nel retro di essa non numerata, ma si capisce che è pagina 2 - anche perché si evince che tutti i retro, non sono numerati - evidenzia in basso anche "Tip. NAPPA - Via Giovanni Palladino, 51, (Università Vecchia) - Napoli".

Dalla pagina tre, in cui si nota lo stemma, l’autore inizia col parlare della storia del paese e delle varie supposizioni tra cui che "L'attuale stemma del Comune di Cicciano rappresenta nel centro di uno scudo ovale e senza fregio, una mammella su cui si posa, come in atto di carezzarla, una mano che si protende dal lato sinistro della corona; ma la parte inferiore della figura è costituita da una doppia sbarra o, come alcuni interpretano, da un doppio ponte, sostenuto da un pilastro. Intorno corre la scritta: Universitas Castri Cicciani", anche se, secondo l'autore, dovrebbe essere "Castri Cicciani Universitas" e a pagina 15 sono messi in risalto i due stemmi, ovvero l'attuale e l'originale.

Ma tralasciando le disquisizioni, riguardanti lo stemma ed il nome del paese, nel testo, vi è una pagina che tratta dei "DOCUMENTI", di cui di uno si riporta il contenuto integralmente.

DOCUMENTO I - "ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI --- ATTI PRELIMINARI N: 931 - Vol. 3 - Istanze e documenti Volumetti N. 2 - Apprezzo - Squarciafogli dell'apprezzo - Libro di Tassa".

L'attenzione, però, si posa più sul DOCUMENTO II, ovvero "ARCHIVIO DI STATO - NAPOLI -- CICCIANO - ONCIARIO DELL'ANNO 1746 - N. 935 - Catasto della Terra, Seu Castello di Cicciano - D. O. M."

Eccone il contenuto:"La terra, seu Castello di Cicciano, che nella nostra Campagna Felice trovasi situata tra il piano, e il piede del Monte  del Castello di Rocca Raynola, lungi da circa un miglio e mezzo dal Venerando Santuario e Terra di Cimitile, e dai circa due dall'antichissima Nola, che per la salubrità dell'Aere sotto piacevolissima Clima, per l'umanità dei giardini, e Fertilità dei Campi, lunga, e sana Vita agli abitatori conserva, più Forestieri, ha indotti a possedervi beni, e non pochi Coloni a sudare nel suo Territorio: Non invidiosa agli Edifici, dà l'abitazione a 1840 Anime, di animi, se non piena, mediocremente ornati di doti Morali. Termina il suo Confine colle pertinenze di Faibano, Campasano, Resigliano, Rocca Raynola, Cimitile, Nola, ed altri. E viene posseduta nella Giurisdizione secolare dell'Illustre Barone Fabrizio Testa-ferrata di fuori Regno, e nella Ecclesiastica dalla Sacra Religione di San Giovanni Gerosolimitano il Maltese, e per essa dall'Ill.mo Frà Don Giuseppe Maria Cicinelli commendatore. Al presente retta e governata da Luigi Vitale e Domenico Taliento Eletti che da sano consiglio drizzati, quanto ossequiosi Venatori, tanto esattissimi esecutori degli ordini Reali emanati dal Re N. S. (Dio G. di) per la formazione del presente Catasto, avendo me sott. Gio Tomaso d'Amato assunto per Cancell.e coll'assistenza ed intervento delli Mei Dr. Fis. Michele Vitale, Onofrio del Campo Carmine, e Nicola di Luca Giuseppe d'Avanzio e Carlo Capoluongo cittadini per deputati in pubblico Parlamento Eletti han dato fine ad esso per la maggior Gloria del Sommo Motore, pronta obbedienza del nro Regnante, e suoi Ministri, ed utile del Comun Pubblico oggi 27 Agosto 1746

D. Francesco Michele Vitale deputato f.f

Onofrio del Campo dp.to.

Carmine de Luca deputato

Nicola de Luca deputato 

*Segno di Croce di Giuseppe d'Avanzio dep.to S. N.

*Segno di Croce di Carlo Capoluongo dep. S. N.

Domenico Taliento Eletto

Aloisi Vitale Eletto

Not.r Gio: Tomaso d'Amato Cancell.e f.f.". 

ALL'AVELLANO GIACOMO DE LUCIA DEDICATI "GLI ORTI SOCIALI" DI SIGNA, CITTA' METROPOLITANA DI FIRENZE

Nelle foto Giacomo De Lucia nell'esercizio delle sue poliedriche attività

giacomo de luciaNicola Montanile – novembre 2019 - Dieci anni orsono, l'Associazione Socio - Culturale Onlus "Mela", in occasione della significativa ed importante nuova proposta di attività, indisse "Giochi senza Confini - 1°Torneo Giacomo De Lucia", e ritenne, meritando il plauso degli avellani e anche dei mandamentali, di dedicarlo, giustamente, all'avellano su menzionato, un Deus ex machina, da potersi definire uno dei propugnatori dell'associazionismo anche a livello di comprensorio avellano - baianese, dove era conosciuto da tutti. 

copertina Giochi senza ConfineGli amici, per altro, facenti parte di un ex e vetusto e glorioso sodalizio, (essendo stato il primo a dare l'idea esatta e concreta di Associazione), "River's Boys and Girls", di cui ne era stato fondatore attivo, fattivo e fervente componente, organizzando ed ideando avvenimenti culturali e anche sportivi, sia nel campo calcistico che pallavolistico e atletica, cimentandosi pure lui da calciatore e allenatore in entrambi le discipline; e tutto questo iato, senza contributi comunali, provinciali, regionali e sponsorizzazionali. avvalendosi dell'arte di arrangiarsi e del casareccio e puro volontariato.

 

Si pensò anche di redigere un libretto, con copertina di vari colori, editrice l'Arca", e sponsorizzato da "HDI Assicurazioni", il cui responsabile dell'agenzia era suo cugino, avente lo stesso nome.

foto giacomoIl libretto era composto da una prefazione, dalla biografia e da un articolo, pubblicato su di un giornale locale di Signa, città metropolitana Firenze, dove venivano riportati i discorsi commemorativi, elogiativi e commoventi del parroco e del sindaco del posto, quando si svolsero i funerali, e questo fece capire a tutti gli avellani il segno che aveva lasciato da evidenziare qualora ci fossero stati dubbi che "Nemo Propheta in Patria".

Il testo termina con un discorso di un amico, a nome di tutti, fatto il 30 aprile 2009, nella Collegiata San Giovanni Battista de' Fustiganti, Parrocchia di Santa Marina, perché si volle celebrare, alla presenza anche dei familiari una messa in suffragio ed il discorso venne, pure, pubblicato, sull'allora cartaceo "Il Meridiano".

Comunque, a Signa, perdonerete il gioco di parole, il nostro caro e amato Giacomino, così amorevolmente chiamato, per la sua cordialità, simpatia, disponibilità, impegno e la dote di sapersi far voler bene, ha lasciato un segno, profondo come una cicatrice, grazie al suo coinvolgimento nella politica, essendo stato consigliere e assessore, occupandosi di varie materie: dall'urbanistica, per un breve periodo, allo sport, dai trasporti alla pubblica istruzione, dall'ambiente alle politiche sociali e della casa, fino ad allacciare rapporti con L'ASL e con la società della Salute e l'Azione Cattolica, prima formazione della sua vita.

presentatore 1E i signesi, sensibili, riconoscenti e gente di immensa cultura e spiccata intelligenza, non lo hanno per niente dimenticato, tanto che con una cerimonia, alla presenza dei suoi cari, hanno scoperto una lapide, in sua memoria, dedicandogli gli "Orti Sociali", per la realizzazione dei quali tanto si era prodigato e battuto, con tenace impegno.

Nell’occasione, infatti, il sindaco Cristianini, nel suo discorso, ha detto:"Un uomo gentile e di grande coraggio per il proprio impegno sociale”. 

Erano presenti la vedova e l’intera famiglia fino alle care nipoti; alla cerimonia hanno partecipato anche numerosi membri della giunta comunale (Adriano Paoli, Federico La Placa e Giovanni Bellini), il presidente del Consiglio comunale Zaccaria e il Consigliere regionale Paolo Bambagioni.

A noi avellani non resta che ringraziare i signesi e soprattutto GIACOMO che porta in alto il nome del suo paese, fucina, per il passato, di uomini illustri e di storia millenaria, sperando che gli amici, l'amministrazione e le associazioni avellane gli riconoscano il giusto merito con qualche iniziativa.

Per la cronaca e, in modo particolare per le nuove generazioni, il nostro protagonista nacque ad Avella da Alfonso e Maria Russo, il 5 marzo 1947, in vico Lombardi 16, sul corso del Fiume di Avella, meglio conosciuto col nome di Clanio (nell'Ottocento e inizio Novecento residenza di una famiglia illustre, che diede i natali a prelati, sindaci, medici ed avvocati), ed è morto a Signa l’8 aprile del 2009.

 

CURIOSITA' GIORNALISTICHE: GIOVANNI ANSALDO, DIRETTORE DE "IL MATTINO"

Nota di Accipiter, tratta da un libretto di Raffaele Mezza, stampato, per le Edizioni " Copyright" - Napoli", nel 1984, nella quale traspare il forte rapporto amicale e giornalistico tra i due.

giovanni ansaldo il giornalista di napoli di Raffaele Mezza03.10.2019 – Il compianto prof. Raffaele Mezza, per le Edizioni " Copyright" - Napoli", 1984, diede alla stampa, un libretto, con copertina celeste, col titolo "IL MIO DIRETTORE GIOVANNI ANSALDO", per ricordarlo, a quindici anni dalla sua morte, avvenuta il 1° settembre 1969, all'età di 74 anni.

Il teologo, tra altro autore di molti scritti, parla del modo in cui fece il suo ingresso nel mondo giornalistico e l'incontro e l'amicizia che lo legherà a colui che quando "apriva il rubinetto", il getto delle idee e delle immagini era davvero inarrestabile.

Egli affermava "All'epoca io ero pubblicista da appena due anni (ma dopo molti, però, di...attesa, secondo la strana legge ancora in vigore, per cui non potresti scrivere se non sei un giornalista, ma non sarai mai giornalista se non avrai esibito la tua produzione di articoli!”. 

Giovanni AnsaldoIl su menzionato, avvalendosi degli studi teologici, scrisse un articolo sul Concilio Vaticano II e "...infilai l'articolo in una busta <fuori sacco>... e lo imbucai alla Posta Centrale di Napoli che erano quasi le quattordici...- sì, proprio all'indomani - avrei <ammirato> con un tuffo al cuore il mio corsivo, in terza pagina!".

Il rapporto tra lui e il direttore del quotidiano divenne sempre più forte, improntato sulla corrispondenza ed un giorno e, precisamente, il 2 agosto 1963, riceveva questa lettera "Caro Mezza esiste, nel calendario romano, un Sant'Umile? Io ho l'impressione di aver incontrato, nei libri un <Padre Umile> ma ora m'imbatto in un signore che si chiama Umile di nome proprio. Che ne sa lei? Suo Giovanni Ansaldo".

SantUmile da BisignanoLa risposta non tardò ad arrivare e la grande soddisfazione pure, quando nel capomoscone (un'altra tradizione giornalistica purtroppo tramontata, che vide a Napoli redattori prestigiosi quale Matilde Serao), si viene a sapere non solo che quella persona era il dottor Umile Granieri, suo compagno di deportazione, ma che per conoscerne l'origine del nome Ansaldo si era rivolto al professore: "Mi rivolgo perciò al collega Raffaele Mezza, che in questa materia ne mastica ben, più di me...", evidenziando un senso umiltà e di rispetto per gli altri, considerando, dichiara, l'ottavianese, "Immaginiamo poi quanto debba aspettare invano uno che scriva ad un giornalista <di fama>. (La nostra è, dopo quella dei clinici, forse la categoria che vanta il maggior numero di <palloni gonfiati>)". Il Capomoscone, "Umile" ancora oggi rimane uno degli insuperati (e insuperabili) di Ansaldo, il quale aveva una grafia indecifrabile

Giovanni Ansaldo 1Nel giorno di San Giovanni, il Mezza, in latino, lingua che Ansaldo stimava tanto da scriverne anche in un volumetto intitolato appunto "Latinorum", gli invia i dovuti auguri e i ringraziamenti non si fecero attendere, usando questa prassi "formulato in una vera epigrafe latina che è apparsa a me e a Nazzaro ben tornita”.”Lì per lì fui tentato dal diavolo della vanità e pensai di caverne un titolo di capomoscone; poi recedetti dal pensiero perché la pubblicazione avrebbe dato luogo al lettore volgare di credere che Lei avesse voluto lusingarmi". Lusinghieramente rispose, il 28 gennaio 1965, quando il Mezza gli chiese di scrivere la prefazione per il suo libro "La ringrazio. Sono peraltro perplesso dell'opportunità che io faccia la presentazione. Lei è un <professionista> ed io non sono altro che un dilettante. A mio avviso una prefazione mia rileverebbe troppo questo mio carattere". Indubbiamente c'è da riconoscere nell'Ansaldo la capacità di riconoscere i limiti della sua cultura, mentre quanti soloni, che non hanno mai preso in mano un catechismo di prima comunione, si permettono di fare i cacasenni in materia ecclesiastica.

0x7681418908040797Virna Lisi 6Intanto una simpatica polemica scoppia tra i due, quando l'Ansaldo preferisce al suo articolo una foto dell'attrice Virna Lisi, seduta in atteggiamento disinvolto, tale da mostrare ampiamente le belle gambe, per cui, al rimprovero, così rispose "Caro Mezza, purtroppo il confronto che Lei avanza nella sua cartolina non regge. Non è che io dia più importanza alle gambe di Virna Lisi che non ai suoi pezzi, più semplicemente io devo tener conto delle esigenze del pubblico, s'intende compatibilmente salvando un certo decoro al giornale che, su questo, è meno peggio di tanti altri" e nel poscritto aggiunse "Mi interesserebbe essere rassicurato su un punto, quando il sacerdote accede all'altare per dire la Messa, recita le parole <Introibo ad altare Dei>. Ora è il chierico che serve messa che risponde <Ad altare Dei qui laetificat juventutem meam?> Come vede, la mia ignoranza è tale che Lei dovrebbe davvero rinunziare al Suo progetto di fare prefazionare da me il Suo prossimo volume".

Dopo questa polemica divennero ancora più amici, poiché per Ansaldo fu una lezione di umiltà, per il Mezza di giornalismo e poi lo fece telefonare dal suo segretario di redazione volendo sapere perché si dice "Domenica in Albis".

GIOVANNI ANSALDO PER CLAUDIO FAVA CopiaSi confrontarono su tanti altri temi che ora sarebbe lungo da enumerare, per cui non rimane che chiudere col mettere in risalto il necrologico sgrammaticato che apparve su "Il Mattino" del 1° settembre 1982 che recitava "1969 1° settembre 1982 Giovanni Ansaldo nn ricordo"; e sotto una pubblicità funebre in riquadro così improntata "Organizzazione internazionale TROMBETTA Tariffe comunali Telef. 229115 - 287511".

A scriverlo, ironia della sorte, era lo stesso linotipista che quando lui era vivente gli componeva "ignoranza grassa" per "crassa?"; e questa volta, invece di battere la U, batté la N, dando tutto un altro significato.

Infine da sottolineare che nell'appendice del Dizionario Enciclopedico UTET (1979), nella sezione "Aggiornamento Biografico", alla voce Giovanni Ansaldo è annotato: (industriale): Napoli, confondendolo con l'ascendente genovese; l'anonimo redattore ha così, come dice il Mezza, spogliato la sua figura della componente essenziale: la professione giornalistica.

Allegati:
FileDescrizioneDimensione del FileDownloads
Scarica questo file (TUTTI I DIRETTORI DEL MATTINO.doc)Tutti i direttori del Mattino 12 kB351

La parrocchia di San Felice da Nola Presbitero a Fierozzo in provincia di Trento

Ricerca di Antonio Fusco con la gentile collaborazione di Leo Toller

fronte chiesaOttobre 2019 - Fierozzo è un borgo nella valle dei Mòcheni (nella valle si parla il mòcheno un antico idioma discendente dal tedesco), diviso in due frazioni: quella di San Francesco, chiamata Fierozzo di Fuori e l’altra di San Felice detta Fierozzo di Dentro; quest’ultima sorge a 1127 metri sul livello del mare.

Il primo edificio ecclesiale dedicato a San Felice da Nola Presbitero fu eretto, tra la fine di maggio 1726 e la prima metà di novembre 1727, per desiderio del fierozzano Cristel Iobstraibizer, il quale per una grazia ricevuta ne chiese l’autorizzazione al vescovo di Feltre Pietro Maria Trevisano. Non ebbe la funzione di parrocchia, ma divenne una curazia dell’arcipretura di Pergine dalla quale nel 1738 si ottenne la concessione di impiantare un attiguo cimitero.

quadroPoiché con il passare del tempo la cappella era diventata alquanto malridotta e troppo angusta per accogliere i numerosi fedeli, il curato don Luigi Gadler ne promosse l’edificazione di una nuova, iniziativa approvata dalla stragrande maggioranza dei capifamiglia. Pertanto, il primo impianto fu ristrutturato ed ampliato nelle linee attuali tra il 1894 e il 1895.

Il progetto architettonico della nuova fabbrica fu affidato all’architetto Giovanni de Ferrari e per la sua erezione contribuirono economicamente e con la prestazione di lavoro volontario tutte le famiglie fierozzane.  Il 7 maggio 1894 l’arciprete di Pergine don Giovanni Battista Inama benedì la prima pietra dell’erigenda chiesa di San Felice da Nola alla presenza del curato, dei fedeli fierozzani e dei vicini borghi. La costruzione, terminata nell’autunno del 1895, il 15 dicembre, terza domenica dell’Avvento, fu benedetta dal citato arciprete don InamaIl 21 luglio 1911 fu consacrata come parrocchia dal vescovo di Trento Celestino Endrici. In vari tempi fu oggetto di restauro, ma il più importante fu quello effettuato tra il 1973 e il 1977.   

statua chiesaLa chiesa, orientata nella direzione nord-orientale, domina sull’abitato della contrada e dal sagrato si apre un vasto panorama sulla Valle dei Mòcheni. A sinistra, in posizione arretrata, si innalza su tre ordini di linee diverse la torre campanaria, probabilmente già esistente prima della ristrutturazione del 1894 / 95.

La facciata, con frontone sommitale, presenta una finestra circolare e un portale architravato contornato da plastiche decorazioni di stucco. L’unica navata si articola in tre campate con presbiterio ed abside.

L’interno presenta una tinteggiatura tesa a far rilevare le modanature, le vele delle campate e le strutture arcuate. Nel catino absidale su un fondale azzurro è affrescato il Buon Pastore affiancato da dodici pecorelle, sei per lato. Oltre all’altare maggiore, opera del marmista di Rovereto Gelsomino Scanagatti, vi è anche presente un secondo altare dedicato al patrono San Lorenzo, al quale i Fierozzani sono molto devoti, a ricordo di una chiesa a lui dedicata, crollata e ridotta allo stato di rudere. 

Tra gli arredi ricordiamo un organo del 1800 e soprattutto molte sacre immagini. Tra queste San Felice da Nola Presbitero è plasmato in una statua che lo raffigura benedicente, reggente un calice e abbigliato con ricchi paramenti sacerdotali, quali camice, pianeta, manipolo. Una sua seconda immagine, sempre in veste di presbitero e con il calice nella mano destra, è dipinta in basso a destra nella fastosa pala dell’altare maggiore raffigurante la Vergine col Bambino

CICCIANO / TRA STORIA E SUPPOSIZIONI: LA MADONNA DEGLI ANGELI E LA PESTE A CICCIANO – Prima parte

La leggenda del perché i Ciccianesi celebrano la loro Pasqua nella successiva Domenica in Albis.

 

Entro i relitti dellambiguoEm.An.settembre 2019 - Venerdì e sabato, sei e sette settembre, si è svolta, a Cicciano, la XXVI Sagra del Casatiello e dei dolci fatti in casa, per rinnovare un antica tradizione.

Dal testo, " Entro i relitti dell'ambiguo", che scaturisce da un lavoro di una serie di ricerche, fatte da un gruppo di studenti della IA C del Liceo Scientifico, nell'anno scolastico 1982 - 1983, “E. Medi” di Cicciano, a cura del prof. Franco Salerno, nel capitolo "Il Monte: l'ascensione verso il livello superiore", a firma dell'allora studente Enrico Fedele, apprendiamo il perché i Ciccianesi celebrano la loro Pasqua nella successiva Domenica in Albis. 

Commenda nel 1646 8cf6fb1d84Ecco la leggenda "Feudatario sarebbe stato un tal Gerolamo Branciforti. durante la pessima e odiosa signoria di costui, nel 1656, una violenta peste decimò il paese atterrito, seminando ovunque lutti e dolori. I Ciccianesi fecero ardenti voti alla Madonna degli Angeli - scoperta verso il 1450 presso il Monte Fellino - e il flagello cessò miracolosamente e quasi istantaneamente nella Domenica in Albis di quell'anno. In quella stessa domenica, tutto il popolo giubilante si recò alla chiesa solitaria per ringraziare la Madonna salvatrice e manipolò taralli e casatelli per festeggiare, dopo tanta tristezza, anche gastronomicamente il recuperato benessere. Da allora i Ciccianesi memori, derogando dalle consuetudini del rito cristiano, celebrano la loro Pasqua nella successiva Domenica in Albis.

Madonna di CiccianoNell'anno 1661 nella chiesetta della Madonna degli Angeli, che è tenuta come una taumaturga, fu collocata una lapide con epigrafe latina, la quale riguarda la protezione della Vergine e delle sollecite cure del convertito commendatore Gerolamo Branciforti". 

In definitiva, tralasciando l'aspetto ierofanico che sarebbe lungo da spiegare, si riporta, tradotta l'epigrafe latina su menzionata e tradotta, che, però, mette in risalto un altro dato importante e di discussione:

Templum hoc sacellum olim paene dirutum

Deiparae angelorum reginae

Quod Ejus opem aegri sensere quam plurimi

Anno domini M. D.  CLVI

Grassante populari lue grati animi monumentum

Fr D. Hyeronymus Branciforti Commendatorius

Qua proprio aere qua priorum stipe

    Erexit       dicavit

Additisque Santorum Aeliae ac Stephani aris

                Exornavit

Anno urae salutis M. D.  CLXI

                   TRADUZIONE

         "QUESTO TEMPIO QUASI DIRUTO

          DEDICATO ALLA MADRE DI DIO

                    REGINA DEGLI ANGELI

CHE QUI FA SENTIRE LA SUA POTENZA

             A MOLTISSIMI INFERMI

IL FEUDATARIO GIROLAMO BRANCIFORTI

         LO ERESSE A PROPRIE SPESE 

      NEL 1556

QUANDO IL POPOLO FU LIBERATO DAL COLERA

In effetti, i Ciccianesi vennero liberati dalla peste o dal colera? Comunque, come ultima annotazione, c'è da sottolineare che la ragione per cui i Camposanesi gareggiano coi Ciccianesi nell'onorare sia nell'ottava di Pasqua, che nel corso dell'anno questa Celeste Regina, è perché il colono del fondo era di un contadino di Camposano.