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ELEZIONE CAPO DELLO STATO: RENZI CHIEDE AI PARTITI DI SCEGLIERE MATTARELLA

mattarella sergioAnche la seconda giornata di votazioni per il nuovo presidente della Repubblica si è concluso con un nulla di fatto. Un risultato ampiamente previsto, dopo la rottura venutasi a creare giovedì con la scelta di Matteo Renzi di imporre il nome di Sergio Mattarella. Ma lo stesso premier al termine della giornata ha cercato di ricucire con i moderati, contrariati dalla scelta di un nome non condiviso, lanciando un appello alla responsabilità nazionale: quella del capo dello Stato, ha sottolineato, «è una scelta che interpella tutti, senza distinzioni» e che «non riguarda un solo partito». E per questo motivo ha auspicato che nella votazione di sabato mattina, quando comunque il quorum passerà da 673 a 505 voti e il Pd con i suoi alleati potrebbe essere autosufficiente, su Mattarella «si determini la più ampia convergenza possibile per il bene comune dell’Italia». Mattarella, ha spiegato Renzi, è «un servitore dello Stato» e anche «una personalità autorevole e stimata da tutti». Per questo non c’è motivo per cui non debba essere votato, sia da chi siede in maggioranza sia tra chi sta all’opposizione. L’appello di Renzi è arrivato praticamente in contemporanea alla terza fumata nera, dopo una giornata di incontri e di trattative in cui il segretario del Pd ha cercato di lavorare soprattutto di diplomazia. Ha incontrato più volte il suo staff e, nel pomeriggio, anche il presidente emerito Giorgio Napolitano. Infine ha visto Angelino Alfano, reduce a sua volta da un mini-summit con gli ambasciatori berlusconiani Dennis Verdini e Gianni Letta. Ed è lì, nel faccia a faccia con il suo ministro dell’Interno, che è maturata la scelta dell’uscita pubblica: Mattarella, aveva fatto più volte notare Renzi nelle ultime 48 ore, è un nome che risponde perfettamente al profilo istituzionale indicato da tutte le forze politiche durante le consultazioni. Ma il richiamo alla responsabilità e all’autorevolezza del candidato non sarebbe stato sufficiente a cancellare l’onta subita da centristi e Forza Italia, tagliati fuori dalla decisione e messi di fronte ad un prendere-o-lasciare. Serviva dunque un atto politico «riparatore». Resta ora da vedere come risponderanno i principali destinatari del messaggio. In molti scommettono sul fatto che il Nuovo Centrodestra, principale alleato di governo, si affiancherà al Pd votando Mattarella; Forza Italia, invece, ha già fatto sapere che non sarà della partita («appello tardivo» commenta Giovanni Toti) ma che voterà scheda bianca, rinunciando dunque alla paventata prova di forza con l’uscita dall’aula. Berlusconi? «Non è certo di buon umore», sottolinea Toti. Raffaele Fitto, a capo della «fronda» azzurra, ha riunito i suoi per decidere come muoversi in vista del quarto scrutinio. C’è attesa anche per il posizionamento delle altre forze politiche, che nelle prime tre votazioni hanno sostenuto un candidato di bandiera. Scontato il sostegno dei grandi elettori di Sel - con Nichi Vendola che da due giorni rilascia interviste spiegando di essere pronto a votare Mattarella senza che questo significhi un avvicinamento al governo -, nel voto di sabato mattina la maggioranza quirinalizia potrebbe allargarsi anche ai fuoriusciti del Movimento 5 Stelle, che in prima battuta hanno votato Stefano Rodotà. Difficile invece che possano essere della partita i grillini duri e puri: qualcuno tra deputati e senatori pentastellati l’ipotesi non l’aveva esclusa, pur rimandando la parola finale agli elettori con la consueta consultazione online. Ma proprio oggi Beppe Grillo ha pubblicato sul suo blog un articolo, a firma Lorenzo Sani, che attacca duramente Mattarella per una questione legata all’uranio impoverito e risalente ai tempi in cui il candidato in pectore era ministro della Difesa nel governo D’Alema. E questo nel metalinguaggio grillino significa probabilmente una bocciatura senza appello. Ma nonostante l’orientamento sia questo, venerdì alle 21 si riunirà un’assemblea congiunta dei 5 stelle a dimostrare che la linea sarà presa da tutti in assemblea e non da pochi eletti, cioè dal `direttorio´ in filo diretto con Grillo e Casaleggio.