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Riflessione di Francesco D'Otolo

110158649 10217188514491294 4873540833503935338 nMarina Grande, Sorrento 23.07.2020 - In questi giorni, in attesa della riapertura della scuola condizionata dal Covid, spesso mi viene da riflettere sul tema della scuola e dell'istruzione.

La cosa divertente è che io, dati storici alla mano, per avere anche insegnato all'Istituto Superiore di Scienze religiose "Teoria e legislazione scolastica", potrei dimostrare l'inutilità congenita della scuola italiana: spesso eccellente, ma che per lo stato italiano è considerata una "patologia tumorale".

Da sempre è "inutile", anzi "dannosa" e le due cose non sono in contraddizione.

La falange dei "nuovi barbari", fatta di politici ed "esperti" fondamentalmente reclutati fra i disabili mentali, vorrebbero dimostrare che la scuola italiana "è la migliore del mondo."

Che spesso la è. Ma bisogna vedere in che senso.

La scuola italiana non è peggiore né migliore, per esempio, della scuola tedesca: è semplicemente diversa, in quanto espressione di una concezione di società e incardinata ad uno sviluppo storico-politico differenti da quelli tedeschi.

La Germania ha conosciuto tutte le grandi rivoluzioni industriali, per cui si è trovata "obtorto collo" a dover gestirne le fasi imponenti, drammatiche per impatto sociale e sconquassi politici, inventandosi strumenti di raccordo, formazione e inquadramento.

L'Italia, al contrario, è rimasta paese agricolo, "feudale" al Sud e "medioeval-comunale" al Nord, fino al 1950.

La cultura tecnica, in Italia, era (è) quella dell'artigiano e il buon artigiano lo si fa in bottega.

La cultura umanistica, in Italia ben lontana e assolutamente separata da quella tecnica, la si fa invece nelle "scuole dei signori:" i licei.

Lo stato? non pervenuto.

L'umanista italiano, l'artigiano italiano e l'operaio italiano sono spesso eccellenti.

Tuttavia, escono da istituzioni che lo stato riconosce, ma che non sente affatto proprie, in quanto non sa cosa farsene: sono solo spesa improduttiva, non ne ha ritorno e sono percepite quali corpi estranei alla sua sopravvivenza: zavorre necessarie.

Lo stato italiano, nato e sviluppatosi come "prenditore" e non come "investitore", tollera scuole e università, perché nel consesso delle nazioni civili non può fare altro: non può chiuderle per decreto.

Ma lo farebbe domani.

Appena può, lo stato italiano regala maestranze, terziario e ricercatori freschi di formazione al resto del mondo libero, che li accoglie a braccia aperte.

I soldi pubblici li destina necessariamente altrove.

La scuola e l'università italiane sono "la foglia di fico" del mancato appuntamento storico dell'Italia con la modernità e sono il residuo archeologico e posticcio più evidente della società preindustriale europea.

In Italia lo stato combatte l'istruzione, perché estranea alla sua storia politica: non le serve, non la capisce.

Lo stato italiano, nato per concessione altrui e che va avanti da sempre a piani Marshall, tirando a campare senza reinvestire, non si fida della scuola e della ricerca: non le conosce, non sa che farsene e le tiene in vita solo perché obbligato.

È la storia d'Italia che va avanti dal 1861!!!

BUONA GIORNATA