Angolo Opinioni
UNA STORIA CHE MI FA VERGOGNARE DI ESSERE ITALIANO
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Dal social network di Maurizio Michelucci
Saverio Tommasi – agosto 2020 - Un ragazzo della Guinea, rifugiato in Italia, in questi giorni era stato inserito come aiutante volontario in un campo giochi per bambini a Peschiera Borromeo. Bambini dai 6 ai 13 anni, un tipico centro estivo, dove si gioca e si impara a stare insieme, gestito dalla Onlus il Melograno.
Il primo messaggio è partito da una mamma, scritto su facebook: "Mi si informa che al centro estivo comunale verranno inseriti uno o due rifugiati. Ritiro mio figlio". E così molti altri genitori, incazzati come bisce disturbate nel sonno della loro coscienza. Alla fine, dopo vari incontri e "ogni tentativo di rassicurazione", una mamma ha ritirato il figlio dal centro estivo e un'altra madre ha deciso di andare ogni giorno a prendere il proprio bambino prima che il ragazzo africano inizi a lavorare. Me la immagino, questa mamma, mentre prende suo figlio per mano e gli dice: "Sai, piccolo padano, anche oggi ti riporto a casa prima perché sta per arrivare il negro".
E un'altra decina di genitori ha preteso che il prossimo anno sia loro comunicata in anticipo l'eventuale partecipazione di rifugiati volontari al campo giochi. Una comunicazione per base etnica, insomma, in modo che loro, bravi genitori attenti ai loro figli di razza pura, possano decidere su base razziale se farli partecipare oppure no. Una roba che forse solo nei campi di cotone di fine Ottocento in America.
Voglio dirlo chiaramente: io penso che genitori che legano la partecipazione del proprio bambino a un campo giochi in base al fatto che insieme agli animatori ci sia oppure no, un rifugiato che "aiuta nel trasporto dei giochi", mi pare una cosa di una gravità assoluta. Enorme. Una gravità senza confini. Quale insegnamento potranno mai dare questi genitori ai lori figli?
Ve lo dico io: niente. Perché se non insegni ai tuoi figli, o al tuo vicino, il rispetto degli altri, il valore della relazione come principio fondamentale della vita umana, allora tu non gli insegni niente. Perché tu non sei niente.
Insegnate, invece, a quei bambini perché quell'uomo è scappato dalla Guinea. Fatevi raccontare i suoi sogni di ragazzo. Chiedetegli dov'è oggi suo fratello. E poi abbracciatelo, quell'uomo nero della Guinea che è identico a voi. E giocate con lui, bambini, perché i centri estivi, alla fine, dovrebbero servire soprattutto per questo: per giocare insieme.