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Angolo Opinioni

IN…SICUREZZA

La parola diventata quasi un mantra nella comunicazione pubblica.

Coronavirus e Sicurezzamagcarm – 10.05.2020 - La parola “sicurezza” è diventata quasi un mantra nella comunicazione pubblica. Troppo spesso i credenti hanno eliminato dal vocabolario la parola “salvezza” per una sicurezza che è sempre di qualcuno contro qualcun altro e che intendiamo costruire con decreti, cancelli e muri.

Noi, che stiamo all’interno della fortezza EUROPA, crediamo di essere al sicuro, salvi, superiori a chi è stato inghiottito dal mare o a chi ha rischiato di esserlo nel tentativo di arrivare a bussare alle porte della nostra opulenza, talvolta non giustificata, chiedendo accoglienza e condivisione per un’esistenza più dignitosa.

Sicurezza informaticaI muri non solo non bastano a garantire sicurezza, ma possono trasformarsi nei cancelli delle nostre prigioni, assediate da migranti disperati e perciò disposti a tutto. Le nostre case assomigliano sempre più a dei fortini vigilati in ogni punto da telecamere nascoste, perché abbiamo paura che improvvisamente qualcuno venga a recare offesa alle nostre persone e a sottrarci tutti i nostri averi.

Sicurezza viene da sine cura. L’ossessione per la sicurezza tradisce un rifiuto della vita, mentre dichiara di proteggerla, pretendendo di azzerare il rischio. Ma il rischio zero non esiste.

Magia del mantraUna società, che ragiona con la misura stretta del calcolo costi-benefici, non può che considerare il rischio solo come una minaccia di perdita. Abbiamo ridotto il rischio alla sua faccia più negativa (il rischio di perdere qualcosa), dimenticando il lato positivo, perché la disponibilità ad accettare la perdita, a rischiare apre un orizzonte di più vita. Tanto più viva si sperimenta la vita, tanto più essa è audacia e avventura; quanto più decisamente essa si regge su ciò che è sempre nuovo e mai prevedibile

I nostri esploratori e missionari, disposti a rischiare, hanno sperimentato la vita grazie all’audacia e allo spirito di avventura, che li hanno animati. I nostri giovani che partono all’estero vanno incontro al nuovo  e all’imprevedibile, ma la disponibilità ad accettare la perdita apre loro un orizzonte di più vita. La società che sogna il rischio zero è una società morta.