Pagine di Storia Avellana 2: Cronaca di un'amara e triste vicenda del 29 Aprile 1917

Dopo l'incendio e i danni, arresti ed interrogatori. Ricerca di Nicola Montanile. Seconda Parte.

prima guerra mondiale domenicaPrima di passare agli interrogatori delle persone arrestate, presunte colpevoli dell'assalto, della devastazione e dell'incendio alla sede Municipale di Avella, corre l'obbligo di inquadrare la situazione politica, sociale e culturale sia nazionale che avellana. L'Italia, infatti, è da poco, nel 1915, entrata nel conflitto chiamato in un primo momento "guerra europea", poi, per la partecipazione di Nazioni quali l'Inghilterra, il Giappone e gli Stati Uniti, si chiamerà la "Grande Guerra" o Prima Guerra Mondiale.

In Avella, sindaco è Amerigo Pescione, insediatosi il 2 ottobre 1912, e  dal 1871 è stato preceduto dai primi cittadini, quasi tutti avellani: Giuseppe Salvi (1871), Vincenzo Maria Barba (1873), Nicola Guerriero (1877), Stefano Romano (1893), Tommaso Guerriero (1897), Arcangelo Guerriero (1900), il giornalista del "Giorno" che si occuperà solo della cronaca di Nola, ovvero il Marchese Giuseppe Maietti, che, tra l'altro, sarà anche Direttore del "Corriere della Campania e dell'Irpinia", nonché promotore e istruttore di un "Ufficio Notizie", collocato nel Comando Presidio Militare di Nola per un alto senso di patriottismo, Amerigo Pescione img 0001 2favorendo i familiari dei Combattenti al Fronte per pratiche e corrispondenze; ed, infine, il catanzarese su menzionato, Amerigo Pescione, il cui padre era di Avella.

Tralasciando che i suddetti hanno tra loro legami di parentela diretta ed che, nel indiretta, come i due notai, padre Nicola e figlio Arcangelo Guerriero, si sottolinea che nel periodo in cui appare Stefano Romano, in effetti il vero sindaco è Giacomo Gragnani fu Andrea, il quale non si presenterà in nessuna seduta consiliare e si dimetterà il 24/11/1899, per cui risulterà un primo cittadino cosiddetto ombra.

Il periodo sindacale del Pescione, poi, è costellato da parecchi periodi negativi, se si fa eccezione soltanto all'anno in cui fece redigere, in piazza Convento, l'Edificio Scolastico al progettista, ing. Felice Ippolito. E lo si evince dal fatto che, per ben due volte, verrà sostituito, prima dal Commissario Attilio Sessa e di poi da Antonio Brissa, dopo una breve reggenza del quale ci saranno i Commissari Alfredo De Giorgi, Alessandro De Nisco, Carmine De Pascale, (NDA per approfondite informazione consultare "Spaccato di Storia Avellana", Vol. 1° - anno 1993). 

Avella Piazza Municipio Prima Immagine Comune e a destra Palazzo NOE Copia CopiaMa veniamo alla cronaca del fattaccio, che, caso alquanto curioso e strano, avviene di domenica, pur sapendo che il Municipio è chiuso e che il sindaco non si trova nella sua abitazione avellana, in Corso Vittorio Emanuele, angolo con Via S. Giovanni, ed, inoltre, vennero presi di mira sia il Molino di Felice Albano che quello di Nicola Vecchione; insolito risulta anche l'orario, alle ore 18.00, per cui è d'uopo ascoltare, per cercare di sapere la verità.

Dopo il verbale di ispezione di località, redatto il giorno dopo, in data 30/4/1917, per verificare i danni, vengono chiamati a deporre la loro testimonianza sull'accaduto alcune persone e si interrogano i presunti colpevoli.

La prima ad essere interrogata è la Sorriento, detta "'A scucchiula", figlia del fu Cesare e di Colucci Angelica, nata il 9 luglio 1890, che morì il 28 luglio 1982, all'età di 92 anni, in Avella.

Domenica Sorriento Zì Mèneca e il figlio 2Domenica Sorriento fu Cesare di anni 26 - fol 6; 2.5.1917

" - Uscii per acquistare il pane, - il pane mancava da due giorni, - per i miei figliuoli, ma il negozio di Felice Albano era chiuso ed avendo trovato una grande quantità di gente per la via che schiamazzava chiedendo da mangiare, mi rivolsi al Maresciallo pregandolo di far aprire il negozio. Mi rispose che ciò era impossibile ed avendo invano insistito, me ne tornai a casa, senza neppure attraversare la piazza e quindi non so dire quello che ivi sia successo. Ho gridato è vero anche io, ma solo per chiedere pane, e non è vero che abbia istigato la folla di salire sul municipio per appiccare il fuoco. Non è neppure vero che dalle finestre del Municipio abbia gettato sulla strada suppellettili e atti di ufficio appartenenti al Comune, e non risponde a verità che io abbia usato violenza e resistenza ai Carabinieri e li abbia trattenuti con altri per lasciare la folla libera di trascendere ad atti di distruzione. Non ho conosciuto nessuno di coloro che scagliavano pietre e che presero ad incendiare le suppellettili Municipali. Per la deficienza del grano e più ancora per mancanza di autorità a cui rivolgersi, trovandosi sempre assente il Sindaco, da più tempo vi era un malcontento in paese, ma mai si era detto che un giorno o l'altro che il Municipio sarebbe stato distrutto. La dimostrazione, però, ritengo sia avvenuta improvvisamente. Mi riserbo di indicare i testimoni e di indicare un difensore". 

L'interrogatorio riprende con Filomena Palmieri/o, alias " 'A Pall' ", figlia di Pellegrino e di Tulino Antonia, nata il 1 aprile 1894 e deceduta il 9 dicembre 1975, quando aveva 81 anni.

Filomena Palmieri 2Palmieri/o Filomena di Pellegrino di anni 23 - fol. 8;  2.5.1917

Avendo saputo della dimostrazione corsi in piazza per curiosare ed anche io mi misi a gridare che desideravamo il pane. Non contribuii con le mie grida ad eccitare la folla per farla trascendere ad atti di distruzione e non è vero che usai resistenza ai Carabinieri. Soltanto per evitare che il Maresciallo fosse colpito dai sassi, lo presi fra le braccia per farlo scansare. Non ho conosciuto nessuno dei dimostranti e non so né il movente della dimostrazione, né il proposito dei dimostranti. Durante le grida la guardia municipale Napolitano era quegli che incitava di più e suggeriva di salire sul Municipio e distruggere ogni cosa, dicendo che eravamo donne e nessuno ci avrebbe potuto far niente. Mi riserbo di indicare testimoni e di scegliere un difensore".

Ai lati della dichiarazione vi è una annotazione, in alcuni tratti illegibile, di cui si riesce a comprendere solo "Il Carabiniere Frungillo prese per la gola ........... Guerriero Teresa ..... il panettiere Felice Albano chiuse il negozio del pane.........".

Vennero poi interrogate le Parti Lese con obbligoad iniziare dalle sorelle Ferrara.

Avella Piazza Municipio Prima Immagine Comune e a destra Palazzo NOE Copia 2 CopiaFerrara Maria ed Orsola fu Aniello di anni 30 e 27 - fol.  21;  1-5-1917

“Dalle finestre di casa nostra, che è di fronte al palazzo municipale dalla parte della via, assistemmo in buona parte alla dimostrazione, che cominciata in modo tranquillo, degenerò con la folla sempre crescente negli atti di vandalismo commessi sulla casa comunale. In qual modo siano entrati sul municipio non possiamo dirlo e soltanto osservammo bene ciò che avveniva nelle stanze difronte alla casa nostra nel gabinetto del Sindaco, nella sala delle tornate consiliari e in quella dov'era l'archivio di deposito. Erano tutte donne che dalle finestre gittavano sulla strada sedie, ed altri mobili, tavole, poltrone, divani, carte e libri = Ed altre donne ed anche uomini sulla strada appiccavano il fuoco a detti oggetti. Fra le donne che erano sulle finestre a gittare mobili riconoscemmo Domenica Sorriento, Maria Masi, Filomena Montanile, Maria Carmina Vittoria, Caterina Caruso (questa forse non ancora arrestata) e molte altre che vedendole potremmo identificare. Nella strada vedemmo Sorriento M. Antonia, Biffetti Pasquale, che scassava i mobili e li gettava sulle fiamme, Carmina Noviello, e molte altre che conosciamo di vista: vi era pure la figlia di Biagio Morelli, vedova. Dalle finestre gittammo acqua per spegnere il fuoco e provocammo così l'indignazione contro di noi di tutta quella gente, che con pietre si rivolse contro i nostri balconi, frantumando due vetri. Autori di tale danneggiamento da noi patito fu, con altri, Barba Domenico di Domenico, contro del quale e anche verso gli altri ci riserviamo di sporgere querela anche per le atroci ingiurie rivolte al nostro indirizzo. Delle sedie di Vienna vennero asportate lontane; ma non sappiamo precisare da chi. La manifestazione fu un fatto improvviso, perché in precedenza non se n'era avuto alcun sentore, ed i dimostranti riteniamo si siano spinti ad assalire il Municipio durante l'agitazione e istigazione di persone che si trovavano nella folla e che gridavano: Diamo fuoco al Municipio! Una delle principali istigatrici era la figlia di Angelica Sorriento. D=gittava pietre certo fasolino Antonio = Sulla via alimentava il fuoco anche la figlia di Borrelli Sabato (Francesca Borrelli maritata a D'Avella Giacomo".  

Palazzo Pescione 1Amerigo Pescione fu Raffaele Sindaco - fol. 24;  1.5.1917

“In qualità di capo dell'amministrazione sporgo querela contro gli autori del danneggiamento al Municipio, commesso dai dimostranti, allorché io per ragioni di salute, mi trattenevo a Napoli. La dimostrazione fu un fatto improvviso, almeno per quanto mi è stato riferito, perché nelle ore antimeridiane di ieri l'altro, nel paese regnava la massima quiete, ed in precedenza non vi era stata alcuna minaccia seria che avesse potuto far ritenere quello che si svolse. Regnava è vero un malcontento da parte della popolazione, che abituata a panificare privatamente, mal tollerava che il grano fornito dal Consorzio Granario si dovesse distribuire solamente al Mulino. Penso che l'agitazione fosse stata, se non in tutto, almeno in parte premeditata, tanto più che da parte dei dimostranti, come ho saputo, si fece il possibile di evitare che le Autorità lontane fossero avvertite di ciò che accadeva ed avesse potuto in tempo utile mandare rinforzi di militi. Non mancavano inoltre invettive contro gli Amministratori e più questa circostanza mi induce a credere che i disordini fossero preordinati ad opera di avversari dell'Amministrazione, avendo anche trovati infranti i vetri di parecchi balconi della mia abitazione che è nel Corso Vitt. Em.; come privato, mi rimetto alla Giustizia, tanto più che al momento non mi risulta che io abbia dato luogo a detto danneggiamento". 

Felice Albano 20200217 114729 1 1Albano Felice fu Pasquale di anni 52 -  fol. 20; 1-5-1917

“Non mi trovavo sul luogo quando avvennero i disordini. Per quanto mi riferiscono le persone di mia famiglia, la folla dopo della devastazione del palazzo municipale si accalcò presso il pastificio di mia proprietà credendo che dentro vi fosse nascosto del grano. Il Tenente dei Carabinieri accompagnò nel pastificio e in casa mia, per tutte le camere alcune donne che capitanavano la dimostrazione, le quali potessero così convincersi che di grano non vi era alcuna traccia. Dopo incominciarono a tumultuare. La mia famiglia spaventata si chiuse dentro ed i dimostranti con pietre infransero circa quaranta vetri delle finestre e dei balconi, fracassarono e bruciarono le scalette che in numero di 25 erano sulla strada ed egualmente fracassarono e bruciarono un parte del telaio della porte del magazzino, arrecandomi un danno complessivo di circa lire 300. Né mia moglie, né i bambini, spaventati come erano, e chiusi in casa potessero conoscere gli autori del danneggiamento, contro dei quali per altro non intendo sporgere alcuna querela".   

Corso Vittorio Emanuele e Mulino Albano in fondo 1D'Avanzo Eduardo fu Martino di anni 57 - fol. 48;  3-5-1917

“Siccome il panettiere Felice Albano è mio inquilino nella rivendita dello spaccio del pane, la popolazione supponesse che si trovasse in casa mia del grano nascosto e volevano invaderla. Cominciarono infatti a scagliare pietre contro i vetri dei balconi e allora si persuasero della inesistenza del grano quando il Tenente dei RR. CC: accompagnò due delle dimostranti che rovistarono per tutte le stanze, fin nel giardino. Io non ero in Avella e mi sono doluto di quanto è successo e di quanto mi è capitato sia come cittadino che come assessore. Tanto più poi che sono stati sul Municipio distrutti le effigie dei miei partenti, il cardinale D'Avanzo, mio zio, e il prof D'Avanzo, mio padre, persone illustri e benefattori del paese. Pel danneggiamento subito mi querelo restando inteso delle disposizioni di legge contro quelli che ne risulteranno autori e mi riservo di sporgere querela per gli altri fatti di cui ho fatto menzione innanzi. In Avella non è mai mancato né la pasta, né il pane e la farina e la fame, secondo me è stato un pretesto per la dimostrazione mossa dal generale mal contento per lo stato di guerra e favorita dagli oppositori del partito imperante, che andava in cerca di un'occasione per turbare l'ordine pubblico". 

Comune vecchio con lapidi. Anni 20 CopiaDa sottolineare che, a conflitto mondiale terminato, il nostro paese immolò alla Patria ben 41 Fanti - Contadini: diciannove sul campo di battaglia, undici negli ospedali civili e di campo, per malattie contratte in guerra per ferite mortali o in prigionia, undici dispersi di cui non si ebbero più notizie.

E non vanno dimenticati quelli che morirono nel letto di casa dopo lunga convalescenza, né, tantomeno, non si possono tralasciare i mutilati, gli invalidi e i feriti