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Nola / Celebrazioni Bruniane 2020

Il 17 febbraio deposizione della corona d’alloro e proiezione del film di Menocchio a cura dell’Associazione Nolana Giordano Bruno.

Giornate Bruniane img 20200212 wa0009Lu.pi. – 16.02.2020 - Dopo l’incontro-discussione del 14 febbraio, presso il Complesso Conventuale dei Frati Cappuccini di Nola, su “La Cena delle Ceneri” da parte del prof. Antimo Cesaro imagesAntimo Cesaro dell’Università degli Studi della Campania, lunedì 17 febbraio le Celebrazioni Bruniane entrano nel vivo.

Le Giornate Bruniane, targate Assessorato ai Beni e alle Attività del Comune di Nola, diretto dall'avv. Annalisa Sebastiani, e Associazione NolanaGiordano Bruno”, presidente l'avv. Paolino Fusco, inizieranno alle 10.15 con il raduno dei partecipanti in Piazza Duomo, da dove muoverà il corteo, capeggiato dal sindaco di Nola, ing. Gaetano Minieri, che si porterà in Piazza Giordano Bruno, dove sarà deposta una corona di alloro ai piedi della statua del Filosofo.

locandina celbrazioni img 20200215 wa0045Nel pomeriggio, con inizio alle ore 19.00, presso il Cinema multisala Savoia, sarà proiettato il film ‘Menocchio’, regia di Alberto Fasulo, Grand Prix du Juri al Festival internazionale di Locarno. Saranno presenti gli attori Marcello Martini e Nilla Patrizio.

Desiderava che fusse uno mondo nuovo”. La straordinaria e sconosciuta storia di Domenico Scandella, detto Menocchio, mugnaio, che alla fine del Cinquecento affrontò il tribunale della Santa Inquisizione difendendo le proprie teorie eretiche sulla natura di Dio e sulla Chiesa di RomaCoevo del filosofo Giordano Bruno, Menocchio viene processato e condannato a morte sul finire del 1599, poche settimane prima del Nolano. L’anziano, cocciuto, mugnaio autodidatta di un piccolo e sperduto paesino tra i monti friulani, decide di ribellarsi e non dà ascolto alle suppliche di familiari e amici: invece di scappare o patteggiare, decide di sottoporsi al processo per eresia. Non è solo stanco di soprusi, abusi e ingiustizie, in quanto uomo è genuinamente convinto di essere uguale agli inquisitori, ai vescovi e perfino al Papa, tanto che nel suo intimo spera di poterli riconvertire a un ideale di povertà e amore. Ingresso libero.

Alle celebrazioni di questa giornata parteciperà l’Associazione del Libero Pensiero di Castelfranci – Av.

menocchio featLa recensione di Menocchio di Vissia Menza

Domenico Scandella, detto Menocchio, è un mugnaio. Vive con la famiglia a Montereale. La sua è una quotidianità fatta di lavoro e fatica anche se ha la fortuna di saper leggere e far di conto. È abituato a pensare e scrutare la natura che lo circonda. Questo suo osservare e riflettere gli permette di avere un’opinione chiara e precisa, talvolta distante dalle favole confezionate ad uso e consumo del popolo. È un uomo concreto e razionale, il che non significa non veda la bellezza del creato, e rinneghi il passaggio di una mano divina sulle cose, al contrario. Ma ha la colpa di avere uno spirito critico, di essere una persona umile e, soprattutto, di vivere nel secolo sbagliato.

Sebbene sia facile credere questa sia una storia di oggi, illusione peraltro condivisibile, in realtà siamo nel Friuli di fine Cinquecento. Un periodo delicato, in cui si sta affermando il potere centrale della Chiesa e gli inquisitori vanno a caccia di eretici, condannando chiunque metta in dubbio la posizione di Roma. Menocchio è una preda troppo facile e finisce agli arresti. Viene torturato nella vana ricerca di un colpevole, nella convinzione che un villano non abbia gli strumenti per sviluppare un pensiero tanto strutturato. Finisce a processo e la condanna per eresia è inevitabile. Ma un improvviso risvolto gli risparmia il rogo, per lo meno per ora.

menocchio 2Di primo acchitto potrebbe sembrare la trama di un bel legal drama in costume, nato dalla penna di un abile romanziere, invece l’abile lavoro è stato quello del gruppo che ha studiato le fonti e adattato al linguaggio cinematografico fatti realmente accaduti e documentati. Esatto, nessun errore, con un paio di clic su Google potete perdervi negli stralci di atti processuali, in saggi e commenti sul Menocchio, un signore nato a Montereale Valcellina nel 1532 e morto a Pordenone nel 1600 (poteva essere il 1601 ma poco cambia) per non aver rinnegato il suo pensare libero.  

Il quarto lungometraggio di Alberto Fasulo (vincitore al Festival di Roma 2013 con TIR) ci porta nella sua regione alla scoperta di una storia locale carica di valori che vanno ben oltre i confini territoriali. Sono valori che mai come oggi è bene spolverare, in questa società individualista, che sforna idoli effimeri e tramuta frasi preconfezionate in verità rivelate. La vicenda di Menocchio diventa un escamotage per parlare di ribellione (nei confronti dei poteri forti), di sincerità (verso le nostre idee, troppo spesso sacrificate per accondiscendere gli altri) e di coerenza (tra pensieri e azioni).

Menocchio è un film che ti assorbe e porta in un luogo sospeso nel tempo, in cui gli abiti d’epoca indossati dal cast si dimenticano in un soffio. Sono le parole scelte con cura, i volti solcati dalle rughe e gli sguardi illuminati dalle torce a catturare la nostra attenzione. Fasulo ci tiene sulla corda coi suoi magnifici primi piani, la fotografia curatissima e con dialoghi scevri da lezioni o ricatti morali. Non filosofeggia, tantomeno trasforma il protagonista in un eroe (o un demone). Con naturalezza ci narra di tempi bui e quando si riaccendono le luci ci lascia con l’amaro in bocca: il nostro mondo è altrettanto nero, ha il colore della pece. E questa non è finzione. (Foto del film Menocchio - Photo: courtesy of Locarno Festival).