Angolo Opinioni
Muri che diventano prigioni
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- Scritto da mag.carm.
Una riflessione sull’accoglienza.
mag.carm. - Accogliere è un verbo, prima ancora un movimento che dovremmo imparare. Il movimento stesso della vita: ricevere e dare sono le sistole e le diastole che fanno pulsare, che portano nutrimento e ossigeno. Senza uno di questi movimenti la vita si ferma, si rattrappisce.
Accogliere significa prendere presso di sé affettuosamente. Per estensione significa anche acconsentire. Quindi si ha a che fare con un sì. Un sì che cambia la nostra vita come quando accogliamo un bambino che ci mette in movimento, ci rinnova, mobilita risorse che non sapevamo di avere.
La società in cui non si accolgono più i bambini (tutt'al più si pensa di fabbricarli secondo i nostri desideri) è incapace di accogliere i migranti.
Magari si organizzano soluzioni tecniche per gestire l'emergenza, ma non si pensa di mettersi in gioco, di sentire questa come un'occasione per rinnovare le nostre vite.
Pensiamo che accogliere sia un dare che ci impoverisce, invece è un ricevere che porta nuova linfa. Dare e ricevere sono intrecciati. Non c'è alternativa tra vita e morte tra apertura e chiusura l'accoglienza e il rifiuto.
Ciò che non respira, che non si allarga, che non lascia entrare aria da fuori si spegne per asfissia.
Se pensiamo di salvarci chiudendo porte e finestre, alzando i muri, costruiamo da soli la nostra prigione e, alla fine, la nostra tomba.