Angolo Opinioni

EUROSCETTICISMO E PICCOLE PATRIE

La varie crisi in atto fomentano i focolai del nazionalismo ed alimentano il populismo ed il sovranismo.

resizeimageCarmine Magnotti – 28.02.2019 - In meno di due anni la cronaca non ha lasciato scampo: la brexit, il referendum in Catalogna per la secessione, i partiti sovranisti che si rafforzano in tutta Europa. Un vento analogo spira in Italia: dal referendum in Veneto e in Lombardia per l'autonomia a un rinnovato vigore dei movimenti autonomisti in tutto lo Stivale, al governo 5 Stelle-Lega, dichiaratamente euroscettico. Fatti differenti per natura e portata, eppure con un minimo comune denominatore: un’affermazione del nazionalismo e un'insofferenza verso le istituzioni centralizzate. L'Europa è vista da molti non più come una casa comune, ma matrigna al soldo dei "poteri forti", il mercato la finanza, i padroni della globalizzazione. I filoeuropeisti affermano che l'Europa unita ha garantito settanta anni di pace e che solo se continua ad essere unita conta qualcosa nel mondo globalizzato, dove c'è da competere con Cina, Usa, Russia e India in continua crescita economica e demografica.

dalla corsica alla baveria leuropa si spacca nelle piccole patrieDalle elezioni europee del 2019 o uscirà un nuovo quadro politico ed economico in Europa o non ci sarà più futuro per L'Europa. Il nazionalismo e i suoi fratelli, sovranismo e populismo, non sono una realtà uniforme. Non esiste il nazionalismo, ma i nazionalismi. Esso ha al fondo una semplice idea: c'è una nazione e questa nazione ha il diritto di autogovernarsi. Nazionalismi escludenti sono quelli del gruppo di Visegrad che non sono disposti a condividere con i coinquilini europei il peso dei flussi migratori. Nazionalismi includenti sono il basco, il catalano, o quello scozzese, il quale, pur chiedendo l'indipendenza dal Regno Unito, vuole restare in Europa e contesta la Brexit.

Non è vero neppure che il nazionalismo sia per forza di destra. Un riferimento al popolo nazione era espresso anche dalla resistenza. I nazionalismi hanno una ragione economica e sociale. La ragione economica prende avvio dalla crisi del 2008 che ha escluso molti dalle prospettive del benessere che solo nel 2000 sembravano alla portata di tutti. La crisi ha reso evidente che né la politica degli Stati, né quella dell’Unione Europea riescono a governare gli effetti negativi della globalizzazione, mentre la gente sperimenta ogni giorno sulla propria pelle le conseguenze delle disuguaglianze sociali.

europa popoliNel tempo l'Unione Europea è diventata sempre più funzionale al mercato dominato dalla finanza. A un certo punto la gente ha visto che la politica non contava più, bastava un click per spostare ingenti fortune nei paradisi fiscali e chiudere la fabbrica sotto casa. Lo stato liberale non aveva più i soldi né i mezzi per tenere a bada i vari interessi in conflitto ed è entrato in crisi.

Oltre ai motivi economici, alla base dell'affermarsi dei nazionalismi ci sono anche fenomeni sociali. Siamo diventati una società appiattita sull'individualismo. I problemi, dalla mancanza di una politica delle migrazioni alla paura di perdere il controllo sul proprio territorio, sono affrontati in modo diverso rispetto al passato: ieri a farsene carico erano le comunità che interagivano all'interno della società, oggi lo fanno gli individui da soli. Nel passato ciascuna persona formava la propria opinione in continuo confronto con gli altri, cioè attraverso i corpi intermedi: la famiglia, le sezioni di partito, gli oratori, etc.. Oggi i corpi intermedi sono in crisi e ogni individuo tifa per sé. Se non ci sono i corpi intermedi, allora il popolo, a cui i politici fanno appello, non è più fatto di tanti soggetti sociali, ma di individui atomizzati che credono di essere interconnessi ma sono soli.  

I nazionalismi possono essere un recupero e un riconoscimento della ricchezza di un territorio o possono invece diventare arroccamenti egoistici, piccole patrie chiuse, bellicose e rancorose, incapaci di una visione che vada oltre i propri confini e che ci condanna all'insignificanza nello scacchiere globale.