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Punta Campanella, il culto di Minerva e i pirati

Storia, miti e leggende di Punta Campanella, una delle zone più belle e verdi della Campania. Reportage a cura di terredicampania.it/reportage-in-campania del 01/05/2017

Strabone foto 2Secondo Strabone (V, 247), nell’epoca lontana e imprecisata degli eroi omerici, Odisseo in persona sbarcò sull’incantevole promontorio di Punta Campanella e vi fondò un tempio in onore della sua dea protettrice, Atena.

La storia d’Occidente affonda le sue radici in una infinita serie di miti di questo genere: né il nostro pensiero, né ogni nostro sforzo d’immaginazione può volare così indietro nel tempo da individuare l’origine di ogni cosa. Ma l’uomo si aiuta: creando miti, studiando la storia e i suoi resti. E giunge a una porzione di verità – minuscola, ingannevole, spesso fuorviante: ma l’unica della quale possiamo venire a conoscenza.

Colonizzazioni e culti antichi

Non fu Odisseo a fondare il tempio d’Atena, dunque, ma quello che è sicuro è che i primi coloni greci si stabilirono sul promontorio di Punta Campanella verso la fine dell’età micenea. A questo periodo deve risalire la costruzione dell’Athenaion. Le fonti su questo periodo sono purtroppo lacunose, ma non è difficile immaginare che i coloni rimasero a lungo incatenati a questa terra, rapiti dallo splendore del luogo, insediati tra gli oliveti. Frammenti di ceramica e di terracotta e alcune monete, datate dagli archeologi in età preromana, sono gli unici indizi della loro presenza sul territorio. Qualcosa riemerge intorno al 172 a.C.: fonti storiche e letterarie citano il tempio. In quell’anno il collegio dei decemviri, a Minerva foto 3Roma, dovette stabilire un provvedimento d’emergenza per allontanare alcuni funesti presagi. Decretò, quindi, che in due zone si sarebbero dovuti compiere sacrifici: sul Campidoglio, e in Campania, al tempio di Minerva.

I romani, dunque, avevano consacrato questo luogo alla dea che nel loro pantheon corrispondeva alla guerriera Atena, e continuarono qui le pratiche del culto fondato dai primi coloni greci. Eppure qualche antico ricordo della figura di Odisseo rimaneva ancora nell’aria: il promontorio, infatti, fu chiamato Sirenum, perché, secondo una tradizione poetica che si andava sempre più consolidando, questa zona era popolata dalle incantevoli creature mitologiche. Inoltre, il tempio viene citato anche nella Tabula peutingeriana, copia di un’antica carta romana che indicava alcune vie militari dell’Impero.

Secondo i resti archeologici della zona, il tempio doveva sorgere all’estremità del promontorio, visibile da lontano ai naviganti. Tuttora sono visibili dei ruderi che indicano il basamento di un tempio. In tempi più recenti, più in basso lungo il crepaccio, è stata ritrovata, scolpita nella parete rocciosa stessa, un’iscrizione in lingua osca, che fa riferimento al tempio sovrastante. Sono state inoltre ritrovate numerose immagini fittili di Minerva. Oggi sul promontorio, oltre ai ruderi già citati, restano cinque terrazzamenti digradanti che, tuttavia, sono probabilmente da attribuire ad un Villa imperiale e poco hanno a che fare con il tempio misterioso, di cui rimane traccia nelle opere di scrittori e letterati, e in una serie infinita di piccoli reperti archeologici, ma la cui posizione sicura ancora non è stata stabilita.

Punta Campanella foto 1 800x445Punta campanella: l’origine del nome

Roberto d’Angiò, nel 1335, ordinò la costruzione di una torre che aveva funzione di vedetta in caso di attacchi pirateschi, e che fu chiamata Torre di Minerva. Sulla torre veniva fatta suonare, in caso di allarme, una possente campana: ed è questa probabilmente l’origine del nome Punta Campanella. La campana fu poi, secondo la leggenda, rubata da alcuni pirati che, puniti da una maledizione, naufragarono.

Secondo alcuni racconti antichi, il 14 febbraio, giorno in cui ricorre la data del naufragio, si sente ancora suonare una campana dal fondo del mare.

Foto: 1 - Stabone; 2 – Minerva; 3 - Punta Campanella