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“CAPUA, Altera ROMA”: Maggio in città a Santa Maria Capua Vetere

Sabato  20 Maggio  2017, 09:30  -  Domenica  21 Maggio  2017, 18:30. Le attività sono state patrocinate dal Comune di Santa Maria Capua Vetere, dalla Soprintendenza "Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Caserta e Benevento" e dal Polo Museale della Campania.

Capua Maggio in cittàS.R. – 22.05.2017 - Il Dipartimento di Lettere e Beni Culturali (Dilbec) della Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli", in collaborazione con il Comune di Santa Maria Capua Vetere e sotto il patrocinio del Polo Museale della Campania e della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Caserta e Benevento, ha organizzato speciali visite guidate gratuite nei siti più belli e affascinanti dell'antica Capua romana.

Le visite guidate sono state curate dagli studenti del Dipartimento di Archeologia Classica dell'Università degli Studi della Campania 'Luigi Vanvitelli" per riscoprire i tesori perduti della Capua romana. Così Santa Maria Capua Vetere ha aperto le porte per Maggio in città ed ha reso visitabili siti generalmente chiusi al pubblicoGli itinerari  ripercorrono le vicende che hanno reso Capua protagonista del mondo antico e che l'hanno trasformata nell'altera Roma, cantata da Cicerone.

Gli studenti attendevano i visitatori all'InfoPoint, in Piazza 1 Ottobre Santa Maria Capua Vetere, da dove hanno avuto inizio le visite guidate dei siti visitabili: Anfiteatro Campano; Arco di Adriano; Carceri Vecchie; Conocchia; Domus di Confuleius (apertura straordinaria); Domus di Via degli Orti (apertura straordinaria); Mitreo e Museo Archeologico dell'Antica Capua; Museo dei Gladiatori.

Per saperne di più:

anfiteatro antica capuaAnfiteatro Campano - L’anfiteatro campano di Santa Maria Capua Vetere, il secondo in ordine di grandezza tra tali tipi di monumenti nell’Italia antica dopo il Colosseo (m. 174 sull’asse maggiore, m. 144 su quello minore a livello dell’arena), fu innalzato tra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C. in sostituzione dell’arena meno capiente risalente ad età graccana, i cui resti sono stati individuati a circa 25 m in direzione Sud-Est. Della sua vicenda edilizia informa un’iscrizione dedicata da Antonino Pio, in parte conservata presso il Museo Provinciale Campano, nella quale si fa menzione dei restauri del colonnato e del nuovo arredo scultoreo fatti eseguire dall’imperatore Adriano. L’edificio, in genere adibito agli spettacoli gladiatori, presentava in origine i quattro ordini canonici (ima, media e summa cavea, attico) di spalti, accessibili attraverso scale interne ed esterne, impostati su altrettanti livelli di gallerie in opus latericium comunicanti, e si apriva in facciata con ottanta arcate realizzate in blocchi di calcare di uguale ampiezza ad eccezione di quelle poste in corrispondenza dei quattro punti cardinali, coincidenti con gli ingressi principali. Esse erano enfatizzate dalla presenza di semicolonne appoggiate ai pilastri in ordine tuscanico, come quelle in parte conservate all’entrata orientale. Le chiavi d’arco dei primi due ordini di archi della facciata erano arricchite da 240 busti a rilievo di divinità, tra le quali: Giove, Giunone, Demetra, Diana, Mercurio, Minerva, Volturno, Apollo, e Mitra, oltre a teste di Pan, satiri e maschere teatrali, nel terzo ordine; di esse se ne conservano solo 20 in loco, poche altre al Museo Archeologico Nazionale di Napoli ed al Museo Provinciale Campano, mentre la gran parte furono poi riutilizzate come materiali di spoglio. Il perimetro esterno della platea che circonda l’edificio, realizzata in blocchi di calcare in fasce concentriche, era delimitata da cippi lisci e scolpiti, di cui se ne conserva solo uno con l’immagine a rilievo d’Ercole sulla facciata verso l’anfiteatro ed un altro con Silvano sulla facciata esterna; tra i cippi erano installate transenne per separare il marciapiede dall’area circostante. Le gradinate della cavea erano rivestite in marmo e la summa cavea era sovrastata da un portico ornato con statue e colonne. Le parti ornamentali sono andate quasi tutte perdute ad eccezione di una Venere, il c.d. Adone ed il gruppo di Amore e Psiche; si sono invece conservati i plutei frontonali e le balaustre dei vomitoria (varchi di accesso agli spalti). I primi, collocati in origine sull’architrave della porta, mostrano scene mitologiche e di carattere commemorativo a rilievo; le altre, poste come corrimano ai lati degli ultimi scalini, erano scolpiti su entrambi i lati con animali esotici o con scene di caccia tra animali. Il piano dell’arena era costituito da tavoloni di legno cosparsi di sabbia per consentire lo svolgimento dei combattimenti, al si sotto del quale si sviluppavano i sotterranei, comunicanti tra loro mediante corridoi ed accessibili attraverso quattro scalette presenti negli ambienti di servizio, ubicati dietro il podio ed utilizzati per i macchinari e gli apparati scenici. L’ingresso principale che consentiva di raggiungere i sotterranei e di condurvi le gabbie degli animali senza passare dai porticati è collocato invece sul lato occidentale. Sul lato orientale si trovava anche un condotto di collegamento ad una cisterna costruita in opus reticulatum, nella quale si raccoglieva l’acqua per la pulizia dei sotterranei. Al V-VI secolo d.C., inoltre, risale una cappella ricavata nella seconda navata a Nord dell’ingresso occidentale. L’anfiteatro nel 456 d.C. subì rovinose distruzione durante il saccheggio di Genserico, ma fu riparato nel 530 d.C. Durante il dominio gotico e longobardo l’edificio continuò ad avere funzione di arena; poi, dopo la distruzione della città nell’841 d.C. ad opera dei Saraceni, venne trasformato in una fortezza. A partire dal periodo della dominazione sveva divenne cava di estrazione di materiali lapidei reimpiegati nella costruzione degli edifici della città. Parzialmente scavato tra il 1811 ed il 1860, fu definitivamente liberato dagli enormi ammassi di terra tra il 1920 ed il 1930, con numerosi successivi interventi di restauro conservativo nel tempo.

santa maria capua vetere arco adrianoArco di Adriano - Non lontano dall'Anfiteatro, al margine ovest della città, sull'Appia, è un arco onorario a tre fornici in laterizio, degli inizi del II sec. d. C. (cosiddetto Arco di Adriano). Pervenutoci del tutto spoglio, esso doveva essere in origine rivestito di marmi, come di consueto in questo tipo di monumenti; quattro coppie di colonne su podii dovevano  reggere trabeazioni sporgenti e inquadrare nicchie contenenti statue onorarie.

 

Carceri Vecchie - Subito fuori la porta orientale della città, lungo l’Appia, cominciava la grande necropoli orientale. Essa era stata utilizzata per sepolture di prestigio già in età sannitica, come mostrano i rinvenimenti di tombe dipinte e di tombe a prospetto architettonico con colonnine ioniche. L’uso era continuato in età romana con la presenza dei grandi mausolei. Il primo che si incontra sulla sinistra andando verso Caserta è quello detto le ‘Carceri Vecchie’, noto anche con il nome di Madonna della Libera. Il primo nome deriva dalla credenza che l’edificio fosse un carcere per gladiatori, il secondo dall’omonima chiesetta impiantatasi sul monumento in età moderna. L’edificio presenta, al livello originario di calpestio, oggi interrato, un largo gradino di cocciopesto, limitato da una cornice in blocchi di tufo. Il corpo cilindrico di base è scandito all’esterno da semicolonne tuscaniche su plinto, rivestite in stucco e scanalate. Tra di esse, per tre quarti della circonferenza, si inseriscono nicchie a pianta alternatamente mausoleo detto delle carceri vecchiesemicircolare e rettangolare coperte ad arco, con le calotte decorate con motivi a conchiglia in stucco. Al di sopra delle colonne, l’architrave e la fascia di cornice concludono l’elemento di base; al di sopra di questo si leva un secondo corpo cilindrico, di diametro minore, che probabilmente ripeteva in qualche modo il motivo a nicchie del basamento. Dall’ingresso, oggi chiuso dalla chiesetta, si arrivava mediante un lungo corridoio al centro del monumento dove si apriva la camera sepolcrale a croce greca, con i bracci coperti a volta. Il corpo centrale, più alto, con volta a crociera, era illuminato da due feritoie aperte nel tamburo superiore. Si conservano tuttora resti della decorazione pittorica con motivi a edicola e pilastrini. Da uno dei bracci, per una botola, si accedeva a una camera ipogeica con funzione sepolcrale. Il nucleo interno del monumento è costituito da un riempimento di terreno contenuto tra le strutture dell’anello esterno e il corpo centrale e frazionato da quattro muri radiali. Nella parte posteriore, per una porta oggi murata, si accedeva a un corridoio coperto a volta inserito nell’anello esterno di muratura, dal quale per due scalinate si saliva all’ambulacro del primo ordine, e di qui, per un’altra scalinata, all’elemento superiore, forse un monoptero cuspidato. La struttura muraria, in opera reticolata alternata a filari di laterizio, consente di datare l’edificio, derivato da modelli centro-italici, in età sillana; il rivestimento in stucco sembra invece appartenere a un più tardo intervento di restauro.

Conocchia 371x600La Conocchia - Non lontano dalle Carceri Vecchie, nel territorio del Comune di Curti, lungo la Via Appia, si erge un altro monumento sepolcrale. Il nome deriva dalla somiglianza con l’omonimo strumento per la filatura. Del restauro del tempo di Ferdinando IV di Borbone verso il 1790, si conserva ancora l’iscrizione commemorativa in latino. Questo e gli ulteriori, minori interventi conservativi, attuati in epoca successiva, non hanno tuttavia alterato le linee fondamentali del monumento. Al di sopra di un basamento quadrato, nel quale è inserita la camera sepolcrale, si eleva un altro corpo quadrangolare, con i lati a pareti curve rientranti: ognuno di essi è delimitato da due colonne in muratura ed è articolato con tre nicchie su podio, una centrale sporgente più alta e rettilinea, con copertura a timpano, e le due laterali minori, inserite nella curva delle pareti e coperte ad arco. Al di sopra di questo blocco è un altro tamburo, decorato da semicolonne fortemente sporgenti, alternate con nicchie arcuate. La copertura attuale, di restauro, conserva in sostanza, forse un po’ ribassandola, la forma della cupola originaria. La struttura muraria è in opera cementizia con paramento di calcare nella tecnica del cosiddetto quasi reticolato; modanature, lesene e ammorsature sono in cotto, le cornici in cotto sagomato; dell’originario rivestimento di intonaco restano solo sparse e rade tracce. La cronologia in genere accettata per il monumento lo pone nel I sec. d.C.

Antica Capua Domus di Confuleius Capua VetereLa Domus di Confuleius - Lungo Corso Aldo Moro, nel 1955 vennero alla luce due ambienti ipogei coperti a volta, pertinente all’abitazione di un fabbricante di mantelli. Nel primo ambiente, cui si accede tramite una ripida scala, si trovano una vasca e un pozzo; esso ha le pareti decorate nel cosiddetto I stile pompeiano e il pavimento in signino, con tappeto di rombi nel lato nord, mentre nella parte sud si trova un motivo a crocette con girandola entro cornice circolare. La sala successiva era un triclinio, la cui decorazione pavimentale è divisa in due sezioni, una a meandri con emblema centrale e una con motivo a esagoni allacciati, separate da un’iscrizione che ricorda come Publius Confuleius Sabbio, fabbricante di mantelli avesse costruito la casa dal pavimento fino al tetto, e che l’architetto era stato Titus Safinius Pollio.

S. Maria Capua Vetere domus di via degli ortiLa Domus di Via degli Orti - Tra gli edifici privati più importanti della città tardo antica va ricordata la domus di Via degli Orti, un'abitazione signorile del tardo impero della quale la parte portata alla luce potrebbe costituire la zona di rappresentanza, con ambienti organizzati attorno a un giardino. Quest’ultimo, chiuso a est da un porticato con colonne in muratura rivestite di stucco, è attraversato da un euripus, mentre il ninfeo, collocato proprio a fronte dei triclini, ne costituisce lo sfondo scenografico. Sul lato nord del giardino affacciano tre ambienti, pavimentati con lastre di marmo, preceduti da un corridoio, la cui funzione è probabilmente cambiata nel tempo: da zona termale, come indicato dalla presenza del praefurnium alle spalle di uno di tali ambienti, divenne zona di rappresentanza. L’abitazione venne costruita con probabilità nella prima età imperiale e sopravvisse fino al IV – V sec. d.C., quando ebbe una fase di ristrutturazione e di rinnovato prestigio architettonico e decorativo prima di cadere in abbandono. Di questa seconda fase, oltre alla decorazione musiva geometrica di un piccolo ambiente, si segnalano soprattutto due grandi pavimenti in opus sectile pertinenti a sale adibite a triclini, uno dei quali appare di particolare effetto coloristico per l’utilizzo di diversi tipi di marmo, quasi tutti importati. Il pavimento risale nella fase originaria al II sec. d.C. per i tipi di marmo utilizzati e per l’uso di motivi geometrici e fu rinnovato in epoca più tarda con l’inserimento dell’emblema centrale, caratterizzato dalla presenza dei porfidi verde e rosso e dal motivo decorativo delle rotae, elementi tipici del gusto della tarda antichità.

ingresso Museo archeologico antica CapuaMuseo Archeologico dell'Antica Capua e Mitreo - L’istituzione del Museo Archeologico dell’Antica Capua nasce dall’esigenza di presentare, secondo i più moderni criteri espositivi, i materiali rimessi in luce nel corso degli scavi effettuati nella seconda metà del XX secolo in quello che fu il territorio di Capua. Un Museo archeologico nella zona, peraltro, già esiste dal 1874: il Museo Provinciale Campano, ospitato nella sale del Palazzo Antignano di Capua moderna, allestito subito dopo l’Unità d’Italia, al pari degli altri musei provinciali sorti affinché, con l’istituzione dei grandi Musei Statali, i centri periferici non perdessero comunque cognizione del loro patrimonio storico, artistico, culturale. In esso i criteri di selezione e presentazione dei materiali, nonostante un recente riallestimento delle collezioni, riflettono dunque la cultura dell’epoca, giacché gli oggetti vi appaiono raccolti per classi di materiale (iscrizioni, sculture, mosaici, vasi e bronzi, terrecotte, monete), senza distinzioni cronologiche o topografiche. Nel Museo dell’Antica Capua, che ha sede a Santa Maria Capua Vetere, corrispondente alla città antica, gli oggetti sono invece illustrati in ordine cronologico e secondo i contesti di scavo, le sale sono corredate da pannelli esplicativi e le vetrine da didascalie per facilitare l’approccio ad oggetti inusuali per un osservatore moderno. Alle dieci sale già aperte, nelle quali sono esposti i materiali dal X al I secolo a.C., seguiranno, secondo il futuro allestimento, quelle con le testimonianze della piena età imperiale, fino alla decadenza della città nel IX secolo d.C. Il percorso museale inizia con reperti dell’età del Bronzo, databili tra il XVI ed il XIV secolo a.C., modesti corredi costituiti da vasellame di impasto e punte di freccia provenienti da una piccola necropoli scoperta poco a sud dell’Agnena nella località Strepparo. Le successive due sale sono dedicate all’età del Ferro, cui si riferiscono i corredi tombali risalenti al periodo compreso tra il IX ed il VII secolo a.C. Seguono oggetti di origine etrusca (bacini bronzei con orlo perlinato e vasi di bucchero), greca fra cui oinochoai trilobate (brocche per il vino) e Mitreo 3 bene47 cackotylai (tazze) e danubiana (ambra). Il vasellame di impasto, prodotto localmente, conserva forme molto peculiari (capeduncola) o imita materiale di importazione. La quarta sala introduce al tema delle produzioni del periodo orientalizzante, caratterizzato dall’assorbimento di modelli culturali greci (ceramiche di tipo protocorinzio e corinzio). Nella zona di Capua ciò avviene anche attraverso il contatto con gli Etruschi (vasi in bucchero, poi prodotti anche localmente; aryballoi etrusco-corinzi (piccoli vasi per contenere unguenti e profumi). Interessanti esempi di attestazioni della bronzistica antica sono il cratere laconico ed il calderone ad anse mobili, appartenenti ad uno dei corredi presentati. Si prosegue con reperti di produzione locale del VI secolo a.C., rinvenuti in uno scavo presso una fornace arcaica, dove si producevano tegole. Nelle sale quinta e sesta sono esposte statuette votive ed antefisse (a palmetta, a testa di Gorgone o di Acheloo). Nella settima sala sono proposti reperti del periodo arcaico (VI-V secolo a.C.), con numerose ceramiche di importazione, coppe ioniche e vasi attici a figure nere e rosse con scene mitologiche, insieme ad altri esemplari di produzione locale con decorazioni a figure nere o motivi non figurati. La sala successiva documenta l’affermarsi dei Sanniti sugli Etruschi alla fine del V secolo a.C.: i corredi tombali maschili appaiono ora caratterizzati dalle armi, mentre in quelli femminili sono presenti gioielli in oro e vasi figurati. Nella stessa sala è anche ricostruita una tomba a camera con raffigurazione del defunto accolto nell’aldilà in scala naturale. Seguono le tombe a cassa dipinta, della fine del IV secolo a.C., ed i corredi con i vasi a figure rosse di produzione cumana, ampiamente diffusi nel territorio capuano. L’ultima sala presenta infine oggetti provenienti dai recenti scavi presso i santuari della zona, in particolare da quello, ritrovato, del Fondo Patturelli.

Museo dei Gladiatori - Annesso all’anfiteatro è il Museo dei Gladiatori dove, con innovative soluzioni espositive, sono stati per la prima volta presentati al pubblico gli elementi superstiti della decorazione dell’Anfiteatro Campano. Nella prima sala, sulla parete di destra, sono state sistemate tre delle chiavi d’arco che decoravano l’esterno del monumento: una testa maschile con berretto frigio identificata con Mitra o Attis, una femminile con diadema (forse Giunone), una testa di Minerva con elmo attico ed il calco del busto del Volturno, il cui originale è conservato al doriforo 246x500Museo Campano. Al di sotto sono alcune iscrizioni onorarie con dedica agli imperatori Adriano ed Antonino Pio, provenienti dagli scavi dell’anfiteatro. Al centro della sala è stato collocato un plastico che riproduce lo stato attuale dell’edificio ed il suo aspetto originario. Nella vetrina 1 è anche esposta una selezione di materiali ceramici rinvenuti nell’area dell’anfiteatro e frammenti scultorei pertinenti alla sua decorazione architettonica: mensole a testa di bue, un frammento di lacunare e parti delle balaustre in marmo che ornavano la cavea. Le teste di Ercole, di Athena con elmo corinzio, di Apollo e di una divinità femminile (forse Diana) appartenevano alle statue che ornavano le arcate dei piani alti. Nella seconda vetrina sono stati esposti come esemplificazioni i calchi di armi gladiatorie rinvenute a Pompei: due elmi, una coppia di schinieri ed uno spallaccio. Il diorama posto tra le vetrina rappresenta un combattimento tra gladiatori e belve: sono riconoscibili il reziario, con rete e tridente, il secutor con elmo e corta spada, il trace con grifo sull’elmo e la spada ricurva (sica) ed il venator che affronta un leone. Nella seconda sala, con un originale allestimento che ripropone i gradini della cavea, è stata ricostruita per intero la decorazione di uno dei vomitoria (accessi alla cavea); sul fondo è collocato il rilievo con corteo di magistrati e littori, raffigurati nell’atto di entrare nell’anfiteatro per occupare i propri posti. Le balaustre laterali riproducono invece felini che azzannano la preda; altri frammenti di balaustre laterali raffigurano animali che paiono correre verso l’arena: gazzelle, orsi, elefanti, leoni. Frammenti dei plutei frontali sono collocati inoltre sulle pareti della stessa sala. Tra i temi rappresentati spiccano scene di sacrificio, una raffigurazione dell’anfiteatro in costruzione e scene mitologiche; in particolare si segnalano, sulla parete di destra, le imprese di Ercole (pulizia delle stalle di Augia, Ercole ed Anteo) e due frammenti con i Dioscuri. A destra dell’ingresso la punizione di Prometeo, il supplizio di Marsia, Marte e Rea Silvia, nonché un frammento con Menadi danzanti ed un’altro con Apollo. A sinistra dell’ingresso si riconoscono altresì una scena con divinità turrite, la costruzione dell’anfiteatro, la raffigurazione di un recinto sacro, una scena di sacrificio per la dedicazione dell’anfiteatro. Sulla parete di sinistra scene di centauromachia ed Atteone sbranato dai cani. I caratteri stilistici dei rilievi, la scelta dei soggetti ed il modo di trattarli rispondendo ad un gusto fortemente classicheggiante indicano l’età adrianea come periodo di esecuzione delle sculture.