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Baiano/ Circolo L’Incontro: Focus sull’enogastronomia di qualità, sulla sana e buona alimentazione, sulle “Cantine” e la cucina di ieri

Non sono affatto sfide o scommesse avventate, ma scelte di convinto impegno e di progetto, con cui coniugano passione e professionalità, quelle fatte da Giovanni Arvonio e Francesco Fusco, chef, che pur nella giovane età di trentenni, possono vantare già importanti e gratificanti riconoscimenti pubblici e larghi consensi di clientela; un ventaglio di consensi, che rispecchia le loro rilevanti esperienze maturate nell’esercizio dell’arte culinaria, sia in ambito regionale e nazionale che all’estero, con l’acquisizione di un variegato e articolato background, che fa tendenza e matrice propulsiva per puntare sulla piena valorizzazione dell’Enogastronomia di qualità, ancorata essenzialmente e in larga prevalenza sulle tipicità colturali e sulle peculiarità del territorio dell’Unione intercomunale del Baianese e dell’Alto Clanio. Foto di Enrico Stago.


circolo incontro baiano 347x192Gianni Amodeo – 30.01.2017 - E’ un obiettivo in atto e di lunga prospettiva, per il quale Arvonio e Fusco  vengono disponendo di giorno in giorno solidi e consistenti tasselli di affidabilità nel contesto de “La Tabernadel Principe” e de “Il Moera”, gli accorsati Ristoranti, in cui operano e che aprono i battenti nel territorio di Sirignano sulla strada statale della 7-bis, e ai piedi delle Tore verdeggianti con il caratteristico manto di oliveti collinari, ad Avella, e ben frequentati da affezionate clientele per lo più dell’area metropolitana di Napoli e dell’area casertana, oltre che locali. E’ una linea d’orizzonte, quella tracciata dai due giovani chef, che costituisce anche e soprattutto la ferma e risoluta volontà di “fare impresa”, investendo non solo sulle proprie competenze e conoscenze in aggiornamento costante, ma anche e soprattutto sulle personali capacità di lavoro.
Focus enogastronomia 1Il messaggio è chiaro e decisamente significativo, perché espresso e … vissuto da due giovani, che nel “fare la loro parte” rappresentano l’attitudine a concorrere in modo proficuo ed operoso ad animare e ri-vitalizzare il territorio reso immobile e inerte da tempo, sia nell’ambito sociale che in quello economico-produttivo; un’animazione, che fa leva proprio sulle risorse e sulle potenzialità del territorio, specie sul piano paesaggistico e naturalistico, sulla mitezza climatica e sulle risorse dell’agricoltura troppo trascurata e negletta a causa della parcellazione della proprietà dei suoli, pur essendo stata sempre remunerativa e redditizia.
E’ lo scenario, va evidenziato, di cui la Nocciola costituisce “di fatto” il brand per eccellenza, per il cui riconoscimento ufficiale si è aperto soltanto di recente il percorso delle procedure, contemplate dalle normative nazionali e comunitarie europee, che configurano i parametri e gli standard per acquisire il marchio d’’Indicazione geografica protetta atutela delle tipicità colturali. E la Nux abellana è una tipicità, che i produttori del territorio sono chiamati per primi a porre sotto tutela, con il supporto delle Istituzioni locali, facendo sistema con spirito di attivo e responsabile associazionismo. E’ un cammino obbligato ormai, se vogliono promuovere nel mercato globalizzato e al meglio le attività delle proprie piccole e medie imprese, con conseguente ampliamento delle opportunità di lavoro correlate con i valori aggiunti della filiera produttiva. Un passaggio, quello intrapreso per il riconoscimento-Igp che era atteso da tempo …. Ma meglio tardi che mai.


TERRITORIALITA’, NATURALITA’, STAGIONALITA’ PER LA SANA E BUONA ALIMENTAZIONE, E … ARRIVA L’OLIO “LE TORE DI AVELLA”                 
ViniI profili della territorialità combinati con quelli della naturalità e della stagionalità degli ingredienti di base per la buona e sana alimentazione, nel segno dell’Enogastronomia di qualità, sono stati i nuclei tematici del Focus sviluppato da Giovanni Arvonio e Francesco Fusco nei locali del Circolo socio-culturale “L’Incontro”, con la coordinazione di Adolfo De Gennaro, componente della delegazione provinciale di Avellino, che fa capo all’Accademia italiana della cucina. Un giro d’orizzonte, che Arvonio tracciava con articolati dettagli e incisive argomentazioni, facendo riferimento alle personali esperienze vissute a Milano a contatto diretto con il vasto panorama internazionale degli stand enogastronomici di Expo-2015 e più recentemente a Belgrado, capitale della Serbia, nel quadro del progetto “Cucina italiana nel mondo”, la rassegna in cui ha proposto il meglio dei suoi “menù”, che con elementi innovativi rivisitano la cucina tradizionale del territorio, facendone conoscere e apprezzare al meglio pregi e peculiarità.
eremo 13Sotto i riflettori di Arvonio e Fusco, le ragioni della stretta interazione da osservare tra la territorialità, la stagionalità e la naturalità dei prodotti per quella che ha definito “la cucina di coscienza”, con cui si genera la giusta alimentazione a supporto della qualità della vita. Sono percorsi praticati dagli chef che credono nell’importanza del loro lavoro, incentrato sulla selezione diretta e personale di prodotti e ingredienti che utilizzano e che abbiano superato la griglia di valutazione dei principi di territorialitàstagionalità e
naturalità. Consumare, tanto per esemplificare, ortaggi fuori-stagione non costituisce mai-chiariva Arvonio in specifico - una scelta appropriata di sana e buona alimentazione, se solo si considerino i trattamenti chimici, a cui è stato sottoposto, con il conseguente carico di costi, che confluiscono nel prezzo finale per il consumatore. 
Taberna del Principe. Giovanni Arvonio“Sarà - aggiungeva- un ortaggio che di certo “non fa male” nell’immediato rispetto ai canoni dell’alimentazione corretta, ma non rappresenta affatto lo stato normale dell’ortaggio naturale per la “buona e sana cucina”. E su questa traccia, Arvonio dava risalto alle trasformazioni indotte dalle manipolazioni chimiche nei gusti e nelle percezioni del palato, in funzione dei grandi sistemi-holding che programmano, gestiscono e controllano la produzione del cibo - reso omogeneo e uniforme quanto più possibile - nello scenario del mercato globalizzato; trasformazioni, per le quali, per fare un esempio, il gusto … dell’amaro è ormai quasi del tutto rimosso dalla preparazione e confezioni alimentari in genere, ma anche dagli ortaggi, come attestano le varietà dei broccoli che si ritrovano sui banchi di vendita nei Centri della media e grande distribuzione. Analoghe “anomalie” – sottolineava - sono presenti nelle carni, la cui tracciabilità è il più delle volte misteriosa e indefinibile, con i rischi che ne derivano per l’alimentazione
il moera francesco fusco nel suo ortoSui contenuti del prospetto configurato da Arvonio concordava Francesco Fusco, per dare risalto anche e soprattutto all’educazione alimentare, che interpella i cittadini-consumatori; un percorso di responsabilità che i cittadini-consumatori devono saper fare per il personale benessere e che va realizzato fin dalle prime classi nelle scuole. E su questa scia presentava aspetti dell’esperienza che viene realizzando da circa un decennio; esperienza che combina “Il Moera” con l’Orto. E’ la combinazione, per la quale nel Ristorante, di cui è chef titolare, le pietanze in “menù” derivano, in larga misura, i loro ingredienti dj base proprio dalle tipicità orticole, coltivate nei terreni di proprietà della famiglia Fusco terreni, che fanno tutt’uno con “Il Moera nella splendida area naturalistica delle Tore le piccole colline adagiate ai piedi dei Monti Avella. Ma è anche la combinazione, per la quale Francesco Fusco e i famigliari - come ha annunciato nel corso del Focus - sono impegnati nella realizzazione del progetto dell’Azienda agricola, con il marchio Moera-Orto. Una scelta imprenditoriale di filiera, di cui sarà elemento portante il ciclo di produzione dell’olio, griffato “Le Tore di Avellautilizzando il raccolto di olive dell’Azienda agricola; ciclo d’attività, che a breve sarà aperto e che potrà avvalersi del supporto di tecnologie sofisticate e d’avanguardia per andare a regime pieno il prossimo anno.
Francesco Fusco nel suo orto webE’ un progetto imprenditoriale e di lavoro ben strutturato. Un titolo d’omaggio alla territorialità. E vien da aggiungere che giovani come Giovanni  ArvonioFrancesco Fusco meritano plauso e sostegno per quello che fanno, investendo su se stessi, “rimboccandosi le maniche ogni giorno”. E si collocano sulla stessa linea operosa di Costante Bellettini e Stefano Sgambati, giovani anch’essi trentenni, che insegnano nell’ University of London e nell’University College ofLondon. Sono quattro giovani che come tanti altri amanti del lavoro e dello studio rappresentano il futuro civile e culturale della realtà dell’Unione intercomunale del Baianese edell’Alto Clanio


 Cantine 1 CopiaLE “CANTINE” E LA CUCINA DI IERI
La Taberna del Principe”e “Il Moera” sono il presente e … il futuro dell’ Enogastronomia di qualità del territorio. Ma com’era l’arte della cucina delle “Cantine” e delle Trattorie di ieri, risalendo al mezzo secolo che corre tra gli anni ’20 e gli anni ’70 del secolo scorso? Le risposte sono venute da Mimì Carbone, già in servizio sulle Autolinee della Circumvesuviana e da sempre appassionato custode delle memorie locali; risposte filtrate dalle testimonianze di esperienze vissute da ragazzo tutto-fare nella “Cantina ‘e Pietro ‘o sbafando”- un’etichetta che costituiva un programma e una garanzia- gestita dai genitori e he apriva i battenti su corso Garibaldi, nelle vicinanze della Chiesa Madre di Santa Croce. Era la “Cantina” dove si mangiava in abbondanza e si … pagava poco, con piena soddisfazione di clienti e avventori habituès.
La buona mediaUn affresco, che Adolfo De Gennaro aveva introdotto, evidenziando come l’ “arte della cucina
domestica”, semplice e ”povera “ sia stata largamente prevalente e diffusa nei costumi e nelle usanze familiari del territorio, fino agli anni ’70, con l’eccezione della realtà di Mugnano del Cardinale, in cui operavano importanti Trattorie, specie nei mesi estivi e autunnali, dando ospitalità e accoglienza al flusso dei pellegrini, che visitavano il Santuario dedicato a Santa Filomena o provenendo da Napoli in transito - la osteria 1cosiddetta “passata”- verso il Santuario mariano di Montevergine. E dagli anni ’70, il benessere materiale diffuso, il cambiamento degli stili di vita familiari, il moltiplicarsi delle relazioni personali e inter-familiari hanno generato un atteggiamento di piena positività verso l’” arte della cucina in Ristorante”. Un trend incostante evoluzione  ed ncremento, orientato sull’ Enogastronomia di qualità
Su questo sfondo Mimì Carbone innestava i “suoi” flash pescando tra mille ricordi, tra cui quelli del servizio-mensa giornaliero che Pietro ‘o sbafando prestava per i carabinieri di stanza nella vicina Caserma, allocata nei locali dei vani terranei, che circondavano la Corte del Palazzo comunale o quelli collegati ai venditori ambulanti delle più svariate tipologie di merci e prodotti, agli erbivendoli e via seguendo, che affollavano il mercato settimanale del giovedì che si svolgeva in piazza Francesco Napolitano; e tutti si rifocillavano nella “Cantina”, per consumare la rinomata “marenna”, una specie di super-vitaminico e proteico “panino” che i genitori di Mimì confezionavano alla grande, infarcendolo di …. polpette di buona carne suina al sugo, senza osteriatralasciare gli involtini di cotiche = ‘e cotene ‘e puorco” sempre in salsa di pomodoro. Erano le specialità della “Cantina” come lo era la pietanza a base di stoccafisso e baccalà in bianco o con il pomodoro, “piatto-base” per gli avventori serali, per lo più cestai, che si concedevano il quartino di vino e a volte ben più di un quartino. E naturalmente piatto prelibato era quello della “Pasta efagioli”... nutriente e super-calorico … e si usavano fagioli di produzione locale. La “Cantina disponeva anche di duestanze-albergo e l’eventuale ospite donna aveva per sé una delle due stanze, in via esclusiva …. Tra gli habituès della “Cantina” figuravano i ferrovieri della Circum.
Una girandola di ricordi, quella messa in moto da Mimì Carbone, per rappresentare una Baiano che non c’è più. Che non aveva tante luci, in verità, ma neanche tante pesanti e lunghe ombre, come oggi. Ed era ben vivibile nella qualità delle relazioni sociali.