Ven04192024

autonoleggio

Seguici su ...

facebook 5121

Back Sei qui: Home Notizie IERI Festeggiati i 90 anni di vita ed i 60 di attività culturale del prof. Moschiano

Festeggiati i 90 anni di vita ed i 60 di attività culturale del prof. Moschiano

Autore: Ferdinando Mercogliano dal Forum del Vallo di Lauro 2050Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

compleanno prof. MoschianoLauro - Sabato 26 marzo 2016, un gruppo di amici, conoscenti e molti soci della Pro Lauro si sono recati a casa del prof. Pasquale Moschiano per fargli gli auguri, festeggiare i suoi 90 anni di vita e omaggiarlo per i 60 di attività culturale.

Pasquale Moschiano è nato a Moschiano il 26 marzo del 1926. Sposato con Maria Ferraro, originaria di Fontenovella, da lungo tempo vive a Lauro.Tanto di quel che sappiamo della storia, delle tradizioni e della cultura della nostra terra lo dobbiamo a lui. Siamo quel che siamo anche grazie alla sua infaticabile attività in campo culturale e politico. Io  conosco il “professore” da quando ho cominciato ad interessarmi alla vita pubblica di Lauro. Il suo primo libro che ho letto è stato1799, saccheggio e incendio di Lauropubblicato nel 1979. Nel libro sono ricostruite le vicende del mese di aprile 1799, quando al tempo della Repubblica Partenopea, un gruppo di facinorosi e di sostenitori della causa sanfedista si misero ad abbattere gli alberi della libertà. Nient’altro che degli alberi, o dei pali, innalzati nelle piazze principali in cima ai quali venivano sistemati i simboli della repubblica.

copertina 1799 a Lauro di P. MoschianoOggi siamo abituati a sopportare, senza reagire, oltraggi ben più gravi ai simboli della nostra patria. Allora il gesto fu inteso come un segno preciso di ribellione. Il responsabile dell’abbattimento fu arrestato e fucilato. Ciò non bastò a fermare le provocazioni di quella parte della popolazione che spingeva per la rivolta. Per punire la ribellione, il 30 aprile, fu inviato il generale Championnet alla testa di una colonna composta da più di tremila fanti e cavalieri. Gli insorgenti, tirarono qualche colpo di archibugio da lontano e poi si diedero alla fuga su per le montagne, seguiti dalla maggior parte della popolazione. I soldati entrarono nel paese e, senza incontrare resistenza alcuna, incendiarono e distrussero tutto ciò che poterono. Trucidarono anche 17 persone, infermi, storpi, monache, coloro che non avevano potuto o voluto mettersi in salvo. A sera, le fiamme del castello dei principi Lancellotti, dall’alto del primo sasso, illuminarono tutta la valle: «ardevano tetti, mura, porte, biblioteche, quadreria, mobili, biancheria, bellissimi arazzi, tutto fu ridotto in cenere e lasciato un mucchio di rovine come al dì di oggi. Il più grave danno cagionato dall’incendio fu la perdita dell’archivio, questo conteneva molte carte trasportate ivi da Roma». Sono le dolenti parole di Donna Giuseppina Massimo, moglie di Ottavio III, riportate nel suo manoscritto Storia della famiglia Lancellotti.

Conosciamo l’entità dei danni grazie a un certificato, in carta legale di grani 12 del Regno delle Due Sicilie, conservato nell’archivio del Castello: «Certifico io sottoscritto, Cancelliere del Comune […] come sotto il dì trenta aprile 1799 (millesettecentonovantanove) dalla truppa francese fu messo ad universal sacco e fuoco questo comune, ove rimasero incendiate cinque chiese, due monasteri, i principali palazzi dell’ex Feudatario, del ridetto comune, e d’altri più cospicui proprietari, e quasi la maggior parte degli edifici. Nello stesso incendio rimasero preda delle fiamme le migliori antiche schede di diversi Regii Notari e gli archivi del Comune, della Parrocchia e del cennato ex feudatario e quasi tutte le scritture e carte che si conservavano nelle private case. Dal che ne fo fede come di atto pubblico e notorio, e consacrato nella Istoria del Regno e di cui ne offrono dolorosa memoria gli infelici avanzi di detti Pii Luoghi ed edifici del Comune, ed ex Barone non più restaurati dalle loro rovine».

prof. Pasquale MoschianoUn trauma, una tragedia immane per la storia delle comunità del Vallo. Un buco nero della memoria destinato a durare secoli. Fino a quando, verso la metà del Novecento Pasquale Moschiano cominciò a spulciare le carte di archivi abbandonati e malridotti. Lavorava come maestro elementare, ma tutti lo chiamavano ’o professore, forse perché era una persona amante del sapere in mezzo a tanti che non studiavano. Per me sarebbe più indicato chiamarlo semplicemente maestro, una parola che un tempo indicava la persona dotta in una scienza, in un arte o in un mestiere e prima ancora indicava il più grande, il maggiore. Quel giovane docente coltivava in solitudine la sua passione per la storia e ne insegnava i rudimenti ai suoi piccoli allievi.

Nel 1955 pubblicò il suo primo opuscoletto:Un episodio del Brigantaggio a Moschiano”. In quel momento, nel Vallo di Lauro non erano disponibili libri sulla storia locale, né vi era una bibliografia che potesse indirizzare le ricerche. Alcune notizie si potevano estrapolare da libri dedicati alla storia di città limitrofe, come il testo del Remondini “Della nolana ecclesiastica storia” risalente al 1747 o il più recente, diciamo così, testo del Vincenti “La contea di Nola”, datato Il brigantaggio postunitario1861Moschiano cominciò ad occuparsi dei fatti del 1799 in una sua relazione datata 1957: “Attraverso il Vallo di Lauro, briciole di storia di casa nostra”. Briciole di storia appena, ma bastarono a riaprire uno spazio per la memoria.

La studiosa tedesca Aleida Assmann ha scritto che «la storia di un luogo non finisce con il suo abbandono o con la distruzione; esso conserva i relitti materiali che diventano elementi della narrazione, a loro volta punti di riferimento di una nuova memoria culturale. Questi luoghi necessitano comunque di spiegazioni: il loro valore deve essere attestato anche dalla tradizione orale. La continuità spezzatasi con la conquista, l’abbandono e l’oblio non è riproducibile a posteriori, ma, attraverso la mediazione del ricordo, può essere ricostruita». La memoria è la possibilità di disporre delle conoscenze passate e sono le persone, siamo noi, attraverso il ricordo, a creare questa possibilità.

Proust sosteneva che le persone possono rompere l’incanto che tiene prigioniere le cose, portarle alla luce e impedire che cadano per sempre nel nulla. Nelle prime pagine de La strada di Swann, il narratore, nell’assaporare un pezzetto di madeleine inzuppato nel tè, viene travolto dal flusso dei ricordi che lo riporta alla sua fanciullezza passata nel paesino di Combray, a un tempo ritenuto ormai perduto: «quando niente sussiste d’un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, soli, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l’odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l’immenso edificio del ricordo».  Un piccolo episodio, un gesto, possono contribuire a restituirci il passato.

Pasquale Moschiano, con le sue briciole, schiuse una possibilità, con i suoi scritti iniziò a formare una nuova memoria culturale, capace di riappropriarsi dei momenti della storia passataNella sua lunga e operosa vita ha pubblicato più di cinquecento articoli e numerosi libri e opuscoli su argomenti di storia e di cultura locale. E lo ha fatto senza mai smettere di seguire, incoraggiare e sostenere ogni iniziativa culturale dei suoi concittadini. Lo spazio della memoria che lui ha aperto, nel tempo, ha spinto altre persone scrivere a intervenire, nel dibattito pubblicoDove prima non c’era nulla, uno spazio vuoto, un buco della memoria, un’assenza di voci, è fiorito nel tempo un ampio articolato e approfondito discorso a più voci. Tutto scaturito dalla passione e dall’impegno di un giovane maestro elementare.

Il direttore responsabile, prof. Gianni Amodeo, il direttore editoriale, prof. Pietro Luciano, e tutto lo staff de IL MERIDIANO, per l’occasione, augurano al prof. Moschiano ancora tanti anni di vita culturale